Nella soleggiata piana di Catania, arsa dalla calura e tormentata dalla siccità, non tutti sanno che sorge un lago semi-artificiale dalla portata di 127 milioni di metri cubi d’acqua. Al confine tra Siracusa e la provincia etnea si trova il Biviere di Lentini, un “vivaio di pesci” dal nome di origine araba, con una storia tormentata e ancora oggi irrisolta. Nonostante la località goda di bellezze naturali e paesaggistiche, oggi visitarla è tutt’altro che semplice, per via delle condizioni in cui versa e per la complessità dell’iter burocratico da seguire per prenotare un’escursione. 

ORIGINI MITICHE. La tradizione classica, riportata dallo storico Diodoro Siculo, vuole che l’invaso fu scavato da Eracle, innamoratosi di quella terra non appena la vide. Viene da chiedersi però se oggi il semi-dio dalla mitica forza se ne innamorerebbe ancora vedendo lo stato in cui versa l’area circostante. Proprio così, perché qualora un turista fai da te si sventurasse a far visita al Biviere, troverebbe davanti a sé un cancello sbarrato con cartelli sbiaditi e, se malauguratamente facesse un giro nei dintorni, farebbe fatica a districarsi tra frigoriferi, materassi e copertoni sparsi tra un albero e l’altro.

Il villaggio Bardara

BONIFICA E ABBANDONO. La storia del Biviere di Lentini non è mai stata rosea: fin dalla sua origine storicamente accertata in epoca medievale il lago, alimentato dallo sbarramento del fiume Trigona-Galici, fu oggetto di diverbi tra chi desiderava eliminarlo per ricavarne proprietà fondiaria e chi vedeva in quelle acque una ricchezza. Un dibattito che, tra alterne vicende, è proseguito fino al ‘900. Tra gli argomenti più convincenti di chi ne invocava l’eliminazione quello legato alla proliferazione nel bacino della zanzara anopheles, portatrice di malaria. Problematica avvertita già ai tempi di Verga, che immagina il viandante nella novella “La Roba” aggirarsi nei pressi del lago: «cammina e cammina, mentre la malaria vi pesava sugli occhi». Dalle Novelle Rusticane, datate 1883, bisogna attendere il 1931 perché la volontà del barone Beneventano prevalesse su quella degli altri nobili locali e venisse fatta una bonifica. Durante le operazioni, il regime fascista volle costruire una comunità-alloggio per i pescatori impegnati nei lavori: nacque così il villaggio Bardara, un borgo rurale di stampo agreste che fu abitato per pochi anni prima di finire nel totale abbandono, nonostante un tentativo di istituirvi una comunità per disabili negli anni ’70 (“Nuova vita”).

IL DISASTRO DI SIGONELLA. Una serie di sfortunati eventi vuole che nel 1984, quando ormai il lago era tornato in salute, un aereo militare statunitense partito dalla base aerea di Sigonella cadesse proprio nelle vicinanze del Biviere, alle porte di Lentini. Gli studi del professor Elio Insirello, docente di genetica molecolare all’Università di Messina, dimostrarono una compatibilità tra l’uranio impoverito dispersosi in seguito allo schianto del velivolo e l’alta incidenza di patologie leucemiche negli abitanti del luogo. Un episodio tragico che secondo vox populi gli americani cercarono di insabbiare sottraendo le indagini alle autorità italiane e ripulendo sommariamente il territorio. Risultato di questa catena di disastri è che oggi l’area del Biviere versa in uno stato di incuria, abbandonata nelle mani dei contadini che si sono impossessati dei casolari come ricovero delle greggi: tutto intorno è una discarica a cielo aperto e il lago resta per lo più inaccessibile. 

Ph. cooperativa Badia Lost & Found

I TENTATIVI DI RECUPERO. Di fronte all’indifferenza di tanti, c’è chi sta cercando di smuovere le acque per rendere il lago un’attrazione turistica fruibile a tutti: si tratta della Cooperativa Badia Lost&Found, un gruppo di professionisti desiderosi di promuovere il patrimonio culturale tra Catania e Siracusa. «Il caso vuole – commenta il fondatore e direttore della cooperativa Giorgio Franco – che la gestione del Biviere sia stata affidata dalla Regione Siciliana al Dipartimento dell’acqua e dei rifiuti, uno strano connubio». Tale situazione ha finito per complicare un quadro già difficile: «Per questo motivo non si può giungere al lago e visitarlo: bisogna prima chiedere un’istanza alla Regione, almeno con 15 giorni di preavviso, sia che si organizzi una visita pubblica sia che ci si rechi lì da privato. Questo iter burocratico ai più sconosciuto rende il lago inaccessibile ai visitatori last minute». Da qui l’auspicio di Giorgio Franco di una maggiore collaborazione tra istituzioni pubbliche e organizzazioni private. «Il lago è sede di importanti eventi di pesca sportiva, costituisce la più grande pista siciliana per questo sport e ci piacerebbe aprirlo con una cadenza più periodica. Il personale che si occupa della sua manutenzione c’è già, quindi non c’è motivo per tenerlo chiuso» afferma il direttore della Badia Lost&Found, che ha in previsione una visita guidata del lago per il prossimo 24 aprile 2022.

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