“Secondo alcuni Giufà non è mai morto, | è riuscito a scappare alla morte talmente tante volte | che ancora sta scappando e ancora gira per il mondo. | […] Qualcun altro invece racconta ‘sta storia. | Che un bel giorno Giufà vide l’angelo della morte. | L’angelo della morte lo guardava strano…”
Così comincia uno dei suoi affascinanti racconti Ascanio Celestini, l’aedo e l’acrobata della narrazione orale, protagonista il prossimo 11 luglio di una delle serate dell’edizione del quarantennale delle Orestiadi di Gibellina. Giufà, lo stolto, sarà fra gli eroi della prima parte, mentre i più colti Sciascia e Dante lo saranno nel finale. Giufà monopolizzerà le serate del 10 e 11 luglio, prima con lo spettacolo inedito Aspettando Giufà di Claudia Puglisi e poi con la performance narrativa di Ascanio Celestini.
«Giufà è una maschera stupida, ma intelligente allo stesso tempo, come Pulcinella. Un personaggio che mia nonna, originaria di Anguillara, nel nord del Lazio, chiamava Zichecco, ma che ha girato per tutto il Mediterraneo con nomi molto simili: Iucca, Zucca, Iufà», spiega l’attore. «Le sue vicende vengono raccontate come le barzellette sui carabinieri: storielle a catena, messe insieme a piacimento, da smontare e rimontare all’infinito. E magari da mescolare con “Gian Babbeo” di Andersen, come faccio io».
Ad aprire il 9 luglio le Orestiadi al Baglio Stefano sarà però L’Orestea di Gibellina – Agamènnuni, il testo scritto da Emilio Isgrò che diede il nome alla manifestazione. A riportarlo in scena sarà Vincenzo Pirrotta, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo dal dio del tamburo Alfio Antico. In questa edizione del quarantennale, che vuole segnare anche un filo rosso con gli artisti che hanno scritto la storia del Festival, non può mancare anche un omaggio a Franco Scaldati: il 30 luglio sarà proposto il suo storico Totò e Vicè in una versione nuova e inedita con la regia di Giuseppe Cutino.
Nel finale della rassegna, saranno celebrati due anniversari. Il centenario dalla nascita di Leonardo Sciascia ed i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri. Allo scrittore di Racalmuto ed al suo rapporto con Gibellina è dedicato La Sicilia, il suo cuore (31 luglio), video a cura di Dario Palermo, un’istallazione a cura di Umberto Cantone, una drammaturgia di Roberto Andò, da La notte delle lucciole di Sciascia, letta in scena da Claudio Gioè. L’omaggio al Sommo poeta sarà invece declinato in tre eventi al Cretto di Burri. Dal 5 al 7 agosto con La Nuova Commedia, ovvero un percorso artistico inedito ispirato all’opera di Dante grazie a tre grandi artisti del nostro tempo: Virgilio Sieni con PARADISE NOW#GIBELLINA, un viaggio performativo che si conclude nello spazio senza tempo della felicità; Sergio Rubini con La Vita Nuova, la prima opera di attribuzione certa di Dante Alighieri, che l’artista rilegge, racconta, reinterpreta.
Si chiude il 7 agosto con Vinicio Capossela e la sua Bestiale Comedìa, un viaggio tra parole e musiche nell’opera dantesca in cui l’autore riprende tematiche già toccate nell’album Marinai, profeti e balene. «Affacciarsi a Dante è affacciarsi al pozzo della natura umana. A partire dalla forma a imbuto della cosmogonia della Comedìa, l’attrazione è sempre stata presente», dice Capossela presentando il suo tour. «Ho iniziato ad appassionarmi a Dante per mito interposto. L’eroe della mia giovinezza è stato il dannato, il bohémien, il distillatore di bellezza Amedeo Modigliani. Modigliani sgranava come un rosario ebbro i versi di Dante a memoria, mentre dipingeva i suoi volti dagli occhi vuoti. E così provai a mandarli a memoria anche io scoprendo la più sublime forma di preghiera umanistica. Una esperienza di spiritualità, che nella ripetizione conduce a una specie di trance. L’attrazione per l’umano, per i suoi miti, per il sublime, per l’inferno, per il peccato e per la virtù, per tutto ciò che desta “maraviglia” è quello che da quindici anni conduce il mio cammino in musica e parole. Non c’è cosa che Dante non comprenda già. Santi, eroi e viziosi, una certa attrazione per il misticismo, una visione del mondo non specialistica, ma enciclopedica, il cui soggetto è la natura tutta a partire dalla natura umana sono tra le cose dantesche che più mi attraggono. Galeotti per me sono stati molti libri, ma Dante soltanto li comprende tutti».
Nel mezzo ai due momenti, spazio all’idea di un’arte universale che a Gibellina ha trovato la sua casa, grazie ad un progetto teatrale in prima nazionale, immaginato per le Orestiadi, dedicato proprio alle muse femminili dell’arte Pezzi da Museo (17 luglio) di e con Silvia Ajelli, con la partecipazione straordinaria di Simona Marchini. Il progetto teatrale intorno all’arte avrà un altro punto di forza nella proiezione della creazione video di Roberto Andò e Marco Betta Il Quadro nero con le parole di Andrea Camilleri, ispirata alla Vucciria di Renato Guttuso: l’arte a Gibellina prende vita e si racconta sulla scena.
Non mancherà, matrice del percorso artistico del Festival, l’impegno civile e sociale con Mafia, singolare femminile (18 luglio) con la regia di Enrico Stassi e fuori rassegna (19 luglio) Io sono Emanuela Loi con la regia di Alessio Piazza, per ricordare Paolo Borsellino. In questo percorso rientra anche lo sguardo rivolto alle nuove generazioni con il premio under 35 #cittàlaboratorio, giunto alla sua quarta edizione. Due i progetti vincitori: My name is Patrick Zaki – 45 Days (23 luglio) di Alessandro Lenzi e Ezechiele 43/11 Italia (24 luglio) di Salvatore Cannova.