Esiste una legge non scritta quando si parla di Sicilia, valida sia per chi ci è nato sia per i forestieri: non importa quanto tu creda di conoscerla a fondo, perché ci sarà sempre una sorpresa pronta sparigliare le tue certezze. Lo sa bene Erin Florio, Travel News Director a Condé Nast Traveler, che da anni realizza reportage di viaggio in giro per il mondo e che di recente è tornata nell’isola per la sesta volta. Per sua stessa ammissione, si era spesso limitata a visite da “toccata e fuga”, ricevendo semplicemente un assaggio di ciò che la Sicilia ha da offrire. Stavolta, tuttavia, Erin ha scelto di immergersi in un lungo itinerario, che ha attraversato la Trinacria da una parte all’altra, lasciandosi guidare di volta in volta da abitanti del luogo che le hanno rivelato scorci e situazioni solitamente fuori dalla portata del viaggiatore occasionale. Decisamente curioso è il fatto che ad organizzare questa esperienza, spesso nei minimi dettagli – pur senza rinunciare all’arte dell’improvvisazione -, sia stato il newyorkese dal sangue siciliano Gary Portuesi, che da anni, con la sua agenzia, organizza per i suoi connazionali itinerari personalizzati attraverso l’isola. 

PALERMO SOTTERRANEA. I sette giorni della giornalista americana hanno preso le mosse dal fascino senza tempo di Palermo e dei suoi magnifici palazzi storici, ma anche dal mistero dei cunicoli risalenti all’antica Panormus: «Due ore dopo essere arrivata a Palermo, mi sono ritrovata sotto candelabri secolari e circondata dallo sfarzo della Galleria degli Specchi a Palazzo Gangi. Gli specchi alle pareti e sul soffitto, le tende di velluto, e l’opulenza del contesto a rendere plausibile – e meritato – il paragone con la Reggia di Versailles. Ma Palermo è anche una città astuta, che richiede una certa abilità per essere gustata fino in fondo. I tunnel che percorrono i sotterranei della città, ad esempio, sarebbero stati per me introvabili se non mi avesse fatto da guida Marcella Amati. È stata lei a farmi scoprire questa rete di cunicoli risalenti all’antichità e che furono usati sia da monaci e suore per le loro scappatelle, sia dalla controversa setta dei Beati Paoli».

La giornalista Erin Florio

MESTIERI PERDUTI. In Sicilia, anche i luoghi dalla più abbacinante e incontaminata bellezza riservano lati nascosti a chi si spinge un po’ più in profondità. Una consapevolezza a cui la giornalista è giunta lasciandosi convincere a visitare per una seconda volta le Saline dello Stagnone di Marsala: «L’ultima volta – racconta – avevo semplicemente gettato uno rapido sguardo dall’auto alle tinte blu e rosa delle saline. Questa volta, però, vi ho scoperto una inaspettata finestra verso un’arte dimenticata: una coreografia di uomini a torso nudo, in calzoni corti e stivali di gomma, che spalano mucchi di sale da deporre su carriole che poi fanno rotolare con fatica, facendole traballare sulla superficie di quel terreno nel quale un sottile strato di acqua produce riflessi di tale brillantezza da sembrare una distesa di ghiaccio, fino a giungere ad un grosso cumulo che sta proprio al termine delle saline. Questi uomini, smunti, la barba folta e i volti segnati da una vita di lavoro alla mercé del sole, sono probabilmente gli ultimi nel loro genere. Visitare le saline, insomma, equivale ad osservare pratiche secolari la cui esistenza, un po’ per via della tecnologia un po’ le opportunità che si presentano altrove, potrebbe presto giungere al termine».

INFRASTRUTTURE CARENTI. Non solo bellezze, tuttavia, hanno accompagnato il viaggio di Erin Florio, che ha dovuto fare i conti con l’atavica arretratezza delle infrastrutture e dei trasporti isolani: «Fare un tour in Sicilia significa passare un sacco di tempo in auto. Non c’è alternativa. Il governo locale non ha saputo predisporre un piano di realizzazione per l’alta velocità di cui si parla ormai da tempo, che certamente rappresenterebbe una svolta decisiva per l’isola e per coloro che desiderano esplorarla». In fondo, però, almeno a giudicare dall’entusiasmo della giornalista, la magia della Sicilia val bene qualche ora di attesa in più: «Il mio ultimo giorno è cominciato a Taormina, immergendo i piedi nel mare all’alba, mentre il resto della città ancora dormiva. Solo un paio di pescatori, remando nei pressi della scogliera, hanno interrotto la calma di quell’acqua così limpida».

I REGALI DEL VULCANO. Il viaggio di Erin, si è concluso all’ombra dell’Etna. «Il vulcano che con la sua potenza potrebbe distruggere gran parte dell’area circostante in appena qualche minuto – in tutta la sua maestosità. Ma l’Etna, da secoli, sa anche fare dei regali, come quelli che i flussi di lava condensati hanno donato al suolo vulcanico, ricco di minerali che ha attratto alcuni dei più importanti produttori vitivinicoli italiani negli ultimi 20 anni. E in una di queste aziende ho trascorso il mio pomeriggio. Sorseggiando Nerello Mascalese su un divano in pelle che mi offriva la vista sulle vigne che nel frattempo venivano scosse lungo il pendio del vulcano. Un lato diverso della Sicilia. Un lato che sa come l’inizio di qualcosa di nuovo».

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