Un ricordo, quello della nostra amata e stimata collega Barbara Minutoli scomparsa nel 2017 a neanche 23 anni, che rivive oggi attraverso le sue parole consegnate al libro “Ce la farò?”, presentato all’ex Monastero dei Benedettini in un evento con cui la sua Università ha voluto onorarla

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]E[/dropcap]ncore un soir, encore une heure, encore une larme de bonheur». Sulle note di Céline Dion, in un pomeriggio di dicembre dedicato al suo ricordo, scorrono le istantanee vissute insieme a Barbara Minutoli, studentessa messinese della Scuola Superiore di Catania, del corso di laurea magistrale in Filologia Moderna dello stesso Ateneo e collega della nostra testata, morta poco più di due anni fa alla soglia dei 23 anni. “Per Barbara” è stata intitolata l’iniziativa che ha visto due momenti toccanti: la presentazione del libro “Ce la farò?” (Duetredue, 2019), il diario-racconto di Barbara curato dalla madre Nancy, e la consegna di due borse di studio per la miglior tesi di laurea in Filologia Moderna conferite, in sua memoria, a Giulia Barbagallo e Giulia Imbrogiano. La cornice non poteva che essere il Monastero dei Benedettini, «qui dove ha studiato, è cresciuta, ha sognato», hanno sottolineato commossi il rettore prof. Francesco Priolo e il presidente del suo corso di laurea magistrale prof. Mario Pagano. Qui al Coro di notte, a pochi passi dall’aula che la vide impugnare la laurea in Lettere; qui a poche ore dalle riprese Rai di Alberto Angela, in visita nei giorni scorsi proprio alla sede del Disum: Barbara ne avrebbe apprezzato la presenza, come nel 2016 si era entusiasmata per quella alla SSC di Piero (il padre) a cui era riuscita a rivolgere una domanda. È ciò che fanno i giornalisti: interrogano, interrogano la realtà. «Barbara aveva il fuoco del giornalismo dentro»: con queste parole il direttore del nostro giornale, Giorgio Romeo, con cui aveva mosso i suoi primi grandi passi verso l’avventura di questa professione, è intervenuto unendosi al ricordo.

IL DIARIO-RACCONTO. 19 luglio – 31 agosto 2017: sono le ultime pagine della sua caparbia vita, rilegate dall’amore materno in un prologo e un epilogo. Avremmo certamente preferito restassero nel cassetto ad accompagnare i suoi sogni verso l’uscio. Vedendo la luce, i messaggi che proprio da esse trapelano vengono in soccorso non solo a chi Barbara la conosceva ma a chiunque si approcci alla lettura: «l’importanza di vivere ogni istante a pieno e la consapevolezza che il vero senso della vita risiede nella condivisione con gli altri», nota il nostro direttore. È lo stesso pensiero che coglie leggendo il libro il giornalista Giuseppe Di Fazio, professore di Barbara di Storia e tecnica del giornalismo: «Ci sono due elementi ricorrenti nel suo diario: fede e amicizia. Barbara non si percepisce sola. L’amicizia cambia il sentimento con cui avverti la vita e chi ne fa esperienza avverte gratitudine». È il 6 agosto 2017 quando appunta: «La mia preghiera è di ringraziamento, perché ho avuto e continuo ad avere tante cose belle. Posso farcela, o almeno io farò il possibile. Io so in chi confidare».

IL POTERE DELLA PAROLA. «Riattraversare l’esperienza narrandola – ha commentato la prof.ssa Marina Paino, direttrice del Disum nonché sua tutor – penso sia servito a Nancy e penso possa essere d’aiuto a chi sta vivendo una malattia. È un esempio di medicina narrativa». Se la scrittura infatti accarezza da sempre l’anima di chi a lei si affida, la carezza in questo caso ha il calore di un perenne abbraccio, quello tra Barbara e i suoi cari, per sempre ritrovato in queste pagine. L’esperienza del lutto riformula il tempo di chi sopravvive alle persone amate. «C’est à n’y pas croire, c’était pourtant hier, mentirait ma mémoire», intona ancora la canzone che accompagna l’iniziativa dedicata alla nostra collega. Ieri, oggi. Il tempo diventa binario, schizofrenico; i punti cardinali ruotano attorno impazziti e la vita appare misteriosamente atroce. Questa sensazione col tempo fermenta liberando la dolcezza della nostalgia, ma permane depositata sul fondo delle giornate. Non ci si abitua alle mancanze. Ci si abitua a renderle presenze. E la parola non è uno dei modi, il principale forse, attraverso cui manteniamo vive le relazioni? Le parole poi hanno uno strabiliante potere: una volta venute al mondo lo girano da sole. Accade anche agli articoli di Barbara. «Ogni qual volta – ha rivelato il direttore Romeo – controllando le statistiche di Google Analytics, mi rendo conto che qualcuno ha letto di recente, o sta leggendo proprio in quell’istante, un suo articolo provo una sensazione malinconica ma confortante. La natura del nostro giornale, incentrata su articoli di approfondimento, fa sì che Barbara abbia tutt’oggi dei nuovi lettori, che non sanno nulla di lei, ma che incrociano una parte del suo io rimasta indissolubilmente legata alle sue parole. E se è vero che i giudici di un giornale sono i lettori, questi ultimi ci ricordano il valore di Barbara».

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