«La poesia come figlia ubbidiente della musica», tuonava così Wolfgang Amadeus Mozart in una lettera datata 1781, scritta cinque anni prima di comporre Le nozze di Figaro. Una riflessione che già preannunciava il futuro della collaborazione con il librettista Lorenzo Da Ponte. Fu, infatti, il compositore austriaco a scegliere, come primo capitolo della “trilogia”, la commedia di Beaumarchais La folle journée, ou Le mariage de Figaro. Un’altalena di arie, concertati e recitative per raccontare attraverso l’equivoco, l’uomo moderno del XVIII secolo e l’inossidabile astuzia femminile, il tutto filtrato attraverso pulsioni d’amore e i mutamenti di quel sentimento che da sempre «move il sole e l’altre stelle».

Una delle opere buffe più amate di sempre, che nell’ultimo allestimento realizzato dal Teatro Massimo Bellini di Catania diventa un vero e proprio evento mondano, con tanto di sold out annunciato da giorni, e la presenza in sala di molte cariche istituzionali e politiche. Indubbiamente merita un’attenzione particolare il fatto che l’opera, in scena fino al 5 marzo, appositamente ridotta andrà a inaugurare un progetto destinato alle scuole primarie e secondarie di I° grado della provincia, volto a sensibilizzare e stimolare l’interesse degli spettatori più giovani. Finalmente, dopo tante false partenze, il TMB avvia pertanto un percorso di audience development che, complice anche la triennalità dei finanziamenti, punta alla formazione del pubblico sin dalla più tenera età, affidando il ruolo di narratore nei matinée scolastici all’attore Gino Astorina.

Il Conte di Almaviva (Luca Bruno) e la Contessa di Almaviva (Desirée Rancatore) | Ph. Giacomo Orlando

LA PRIMA DELLE PRIME. Il clamore di questa prima si lega indubbiamente al ritorno sul palcoscenico del Sada del regista Michele Mirabella, oltre che alla presenza sul podio della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi. Spesso al centro di accesi dibattiti per via delle sue posizioni nette e divisive – come dimenticare il suo intervento sul palcoscenico del Festival di Sanremo, dove fieramente chiedeva di essere chiamata “direttore”, o le critiche rivolte a Monica Cirinnà e sostenute con orgoglio dalla premier Giorgia Meloni -, Venezi torna ora a dirigere l’orchestra etnea dopo la serata inaugurale del Bellini International Context. Una prova decisamente non semplice, soprattutto perché sui social già alcuni giorni prima si era scatenato un aspro dibattito sulle sue competenze musicali, ma di fatto ampiamente superato. La Maestra lucchese ha guidato con precisione un organico musicale di prim’ordine, all’interno del quale sono spiccati numerosi solisti fra cui il Maestro al cembalo Damiano Davide e un cast di cantanti dalle voci ben armonizzate. A chiudere il cerchio, il debutto di Desirée Rancatore nel ruolo della Contessa: interprete d’esperienza, con una raffinata tecnica belcantistica fondata su uniformità del legato e controllo della messa di voce, il soprano palermitano ha saputo regalarci un personaggio ben strutturato, capace di passare con destrezza dall’imbarazzo giocoso alla più profonda malinconia nella toccante aria Dove sono i bei momenti, accolta con entusiasmo dal pubblico.

MESSA IN SCENA ILLUMINISTICA. Michele Mirabella, nel firmare scene e costumi supportato dalla professionalità di due artisti come Alida Cappellini e Giovanni Licheri, è riuscito a confezionare una mise en scene accattivante, in grado di restituire appieno l’epoca storica nella quale l’opera venne scritta: l’imminente Rivoluzione francese, che di lì a poco sarebbe scoppiata portando con sé un rovesciamento delle classi sociali. Un tema già presente nell’opera originale, riproposto dalla potenza musicale di Mozart e dai suoi personaggi. Non dimentichiamo, inoltre, che destinando a Figaro tre arie il compositore mirava a evidenziarne la superiorità: in quanto personaggio maschile positivo, infatti, il cameriere si lascia plasmare con prontezza dalla ragione femminile, espressa da Susanna, e tramite la donna amata, compie un percorso iniziatico in cui mette alla prova sia la sua capacità di relazionarsi con il mondo, sia il controllo dei suoi sentimenti e delle sue emozioni. Rispettosa di partitura e libretto, la regia di Mirabella è pulita e minimale, con cambi di scena che avvengono per lo più a vista, o che comunque sono giusto celati dal velatino dipinto su cui si apre l’ouverture. L’impianto scenico è strutturato su vari livelli: all’interno di una grande gabbia in legno – ideata partendo da una descrizione contenuta nell’Enciclopedia di Rousseau -, svettano 5 porte e diversi praticabili, capaci di ricreare a sorpresa diverse aree del palazzo, all’interno delle quali si muovono stuoli di servi con vassoi ricolmi o cuscini. In un tripudio di colori, predominanti in scena e nei costumi, dove raccontano il gioco delle coppie, si possono cogliere altrettanti rimandi al barocco. Trionfo di ori, carte variopinte dai disegni geometrici, conchiglie e cornici creano infine un netto stacco con il fondale bucolico.

Il Conte di Almaviva (Luca Bruno) e la Contessa di Almaviva (Desirée Rancatore) | Ph. Giacomo Orlando

L’EQUILIBRIO FRA MUSICA E CANTO. Se i riflettori, per ovvie ragioni, erano puntati su Desirée Rancatore, la linea del canto è stata ben sostenuta da tutti gli interpreti, a cominciare dal personaggio che dà il nome all’opera: il Figaro di Gabriele Sagona si è fatto apprezzare per slancio interpretativo, verve comica composta, precisione negli interventi e qualità timbriche, creando così una coppia perfetta con la Susanna di Cristin Arsenova, la quale ha sfoggiato un grande carisma, un fraseggio intelligente e una facilità negli acuti sostenuta fino alla trasformazione del IV atto. Voce squillante e ben proiettata per il baritono Luca Bruno che ha saputo tratteggiare un Conte di Almaviva meno lascivo e più permaloso, consegnando al pubblico un’ottima prova vocale. Tensione interpretativa, invece, per il basso Luciano Leoni che nei panni di Don Bartolo, complice un imponente parruccone, è apparso come uomo tutto d’un pezzo, mentre la Marcellina di Federica Giansanti, dalla voce duttile e ricca, ha mostrato fin da subito una grinta indispettita, che alla fine ha lasciato il posto a una profonda tenerezza materna. Ottimo il Cherubino di Albane Carrère, un’interpretazione convincente per intenzione e vocalità, che però ha purtroppo palesato una dizione non sempre precisa. Di grande qualità anche il resto del cast: l’eccellente Don Basilio di Saverio Pugliese, il divertito Don Curzio di Pietro Picone e la dotata Barbarina di Federica Foresta, giovane talento venuto fuori dal Concorso per voci belliniane. Ultimi – ma non certo per importanza – il baritono Alessandro Busi, nei panni dell’inopportuno giardiniere Antonio e il Coro del Bellini, puntualmente diretto dal M° Luigi Petrozziello. Alla fine grandi applausi, tutti meritati, per questa compagnia protagonista di una “folle” serata di emozioni.

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