Dalle Valle dei Templi, il 9 maggio 1993, partì il celebre avvertimento del Pontefice polacco contro i mafiosi che si ritenevano parte integrante della Chiesa. Un discorso che non smette, a distanza di tempo, di far riflettere e di dispensare insegnamenti

Esattamente 25 anni fa in quel di Agrigento, dopo aver incrociato lo sguardo afflitto dei genitori del giudice Rosario Livatino, assassinato dalla mafia 3 anni prima, Papa Wojtyla lanciava il suo celebre monito all’indirizzo dei malavitosi, invitandoli a convertirsi prima che il giudizio di Dio si abbattesse su di loro. Quell’intenso discorso, nato spontaneamente da quell’incontro e non raccolto da molte delle testate lì presenti che erano già andate via, non solo sanciva, in maniera finalmente inequivocabile, l’incompatibilità tra la vita del credente all’interno della Chiesa e quella del mafioso che della religione faceva un mezzo per garantirsi consenso sociale, ma istituiva dei principi, dei punti fermi che ancora oggi risuonano con rinnovata forza nell’età presente, specie per i giovani. Proprio dalla tragedia di un ragazzo al di sotto dei 30 anni che semplicemente adempieva al suo dovere, infatti, Papa Giovanni Paolo II traeva gli spunti per una riflessione che lo coinvolgeva in prima persona; altrettanto, oggi, da quella riflessione e in occasione della sua ricorrenza, ci viene consegnata l’opportunità di trarre i giusti insegnamenti da applicare nella nostra vita di tutti i giorni. In primo luogo, realizzare che nulla è mai stato scontato o regalato, ma che tutto è stato conquistato con la lotta, che i passi avanti fatti oggi sono il risultato degli sforzi del passato e la ricerca della giustizia non fa eccezione. Di conseguenza, anche la memoria diventa uno sforzo per alimentare la voglia di cambiamento, un antidoto per le nuove generazioni contro l’illusione di essere testimoni di un tempo privilegiato, in cui si pensa a quegli avvenimenti come relitti di una stagione che non può più tornare. Perché l’avvertimento di Wojtyla non è stato soltanto un’esigenza legata all’epoca in cui è stato pronunciato, ma un messaggio lanciato agli uomini di ogni tempo, perché questi non ignorassero mai il ruolo che possono ricoprire con le loro prese di posizione.

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