Hoffman, James, Hawthorne, sono diversi gli scrittori del soprannaturale che tra Settecento e Ottocento ambientarono i loro romanzi in Italia, terra percepita come piena di passioni e misteri. Siamo in pieno Grand Tour e i viaggi nella Penisola sono assai frequenti. Il fascino delle civiltà antiche, la malinconia dei costumi, i racconti pagani di cui è ricco in particolar modo il Sud non possono che scatenare quel guizzo di immaginazione sinistra negli scrittori stranieri. Un’area, insomma, adatta per racconti foschi e spaventosi.

Non a caso, la mappa dei romanzi gotici più famosi si estende proprio da Napoli in giù. Insieme alla Puglia – ambientazione per il famoso romanzo Il castello di Otranto di Horace Walpole (1764) –, nella mappa spicca anche la Sicilia, luogo in cui si districano le vicende di A Sicilian Romance scritto da Ann Radcliffe (1790). Opera non nota al grande pubblico ma di grande impatto sull’innovazione letteraria, recentemente annoverata dall’Oxford Word’s Classics tra i primi romanzi gotici mai scritti.

Ann Radcliffe

GRANDEZZA SILENZIOSA. Di indole colta e riservata, la scrittrice vissuta a Bath a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, si distinse in  patria per uno stile decisamente singolare. La sua predilezione per gli scenari gotici andò sempre di pari passo con una certa aderenza ai fatti storici. Tratto, questo, che le valse la stima di Walter Scott, pioniere del moderno romanzo storico. Per di più, la sua tendenza a vivere appartata rispetto alle occasioni mondane la avvicinò nel tempo ad un’altra celebre figura della letteratura inglese, quella Jane Austen che in L’abbazia di Northanger fa di uno dei capolavori della Radcliffe, I mistreri di Udolpho, la lettura prediletta della protagonista del romanzo. Risulta curioso, quindi, che nonostante godesse di una tale fama presso i conterranei il suo ricordo sia essenzialmente legato alla fantasiosa descrizione della Trinacria in A Sicilian Romance. 

PIETRA MILIARE. A stupire il lettore odierno, nelle pagine dell’autrice inglese, è infatti il contrasto tra l’attenzione rivolta alla descrizione di evocativi paesaggi della Sicilia dell’epoca e alcune grossolane imprecisioni nel collocare alcuni luoghi simbolo dell’isola come l’Etna, che risulta situata nei pressi di Palermo. È probabile, insomma, che non soltanto la Radcliffe non ebbe mai modo di visitare personalmente la Sicilia, ma anche che non disponesse di materiale cartografico aggiornato ed accurato. Sebbene alcuni critici abbiano ritenuto che queste imprecisioni pregiudichino il valore dell’opera, altri continuano a ritenerla una pietra miliare nelle origini di un intero genere letterario. Tra loro, la professoressa dell’Università di Nottingham Alison Milbank, la quale nell’introduzione al libro nel Oxford Word’s Classics, afferma che, con A Sicilian Romance, «la Radcliffe iniziò a forgiare la miscela unica di psicologia del terrore e descrizione poetica che l’avrebbe resa il grande esemplare del romanzo gotico».

INTRIGO E MISTERO. La trama del romanzo, del tutto inventata, si concentra sulle vicissitudini della famiglia Mazzini, aristocratici vissuti nel Cinquecento presso un maniero messinese. Il narratore osserva gli intrighi del conte e gli inquietanti avvenimenti nei sotterranei del castello. Un dipinto geografico e sociale che, mescolando ambienti cavernosi, storie familiari fatte di segreti ed astio, rimanda alle tortuose stampe di Piranesi e alle vedute naturalistiche di Thomas Jones: affascinanti e pericolose allo stesso tempo. Un ritratto della Sicilia per certi versi contemporaneo, capace di cogliere in maniera preliminare alcune inquietudini di cui poi si avrà pieno compimento in alcune opere di Sciascia, Capuana e D’Errico.

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