L’etimologia della parola è considerata di origine latina, dal momento che in questa lingua esisteva già un verbo con la stessa radice, ovvero curare. Scopriamone insieme tutti i dettagli
Il siciliano è la lingua in cui, normalmente, chi abita nella regione si esprime in alcuni tipi di situazioni: quelle informali, quelle più veementi e… Quelle di emergenza. Il cervello umano, infatti, quando ha poco tempo per processare e comunicare un’informazione, tende a fare riferimento all’idioma più istintivo che ha a propria disposizione. Questo spiega perché a volte ci “scappi” qualche parola che non avremmo voluto dire in determinate circostanze e, soprattutto, perché i nostri ammonimenti impulsivi a chi ci circonda talvolta ci vengano più spontanei in dialetto che in lingua italiana.
È il caso di un’espressione comunissima da sentire per strada se si vive sull’isola, ovvero accùra!. Si tratta di una forma di imperativo coniugato alla seconda persona singolare che deriva dal verbo accuràri, cioè prestare attenzione. Si potrebbe quindi tradurre con Fai attenzione!, Attento o Bada bene!, in base al contesto di utilizzo, e le vecchie generazioni probabilmente ricorderanno anche la variante più formale ass’accùra, che anticamente si rivolgeva a persone a cui si dava del voi (lett., quindi, equivarrebbe a vossia stia attento).
L’etimologia della parola è considerata di origine latina, dal momento che in questa lingua esisteva già un verbo con la stessa radice, cioè curare. Tra i suoi significati, che fra l’altro sono rintracciabili anche in molte parole dell’italiano contemporaneo, troviamo proprio prendersi cura di, occuparsi di, provvedere a, da cui si è poi evoluta la voce siciliana. Gli usi più comuni al giorno d’oggi sono con i pronomi (accùra a ‘tìa, ossia sta’ attento a ciò che fai) o con le proposizioni causali (accùra ca caschi, lett. attento ché cadi), mentre nel trapanese è diffuso anche il modo di dire accùra, cu sà, che potremmo rendere con la perifrasi ma va là, non badare a queste sciocchezze e che ci ricorda la sfumature di colorite declinazioni a cui la parlata regionale si presta spesso e volentieri.