Jean-René Leroy è stanco. Stanco di vivere nella scintillante e immortale Parigi. Stanco del suo ruolo da vignettista per la celebre testata satirica Charlie Hebdo. Stanco di non sapere come opporsi al suo desiderio di fuga. Ma davvero la bellezza di una delle città dpiù belle del mondo può diventare soffocante? E può l’illusione della libertà celarsi tra le esotiche stradine di Lentini? È da queste inusuali premesse che prende avvio Je suis Charlie, racconto breve che è valso ad Eva Luna Mascolino la vittoria al Premio Campiello Giovani nel 2015 e che lunedì 15 marzo verrà pubblicato in formato cartaceo da Divergenze. Sullo sfondo di uno degli attentati terroristici che più ha scosso le coscienze europee negli ultimi anni, la vicenda del nostro protagonista, infatti, sembra quasi snodarsi su un binario assolutamente parallelo: una sottile malinconia che ben presto si trasforma in asfissia da confinamento, il congedo momentaneo dalla redazione motivato dal cosiddetto “blocco dello scrittore”, la repentina partenza verso la Trinacria in compagnia del fedele gatto Lechat. Senza rendercene conto, siamo già in Sicilia, spettatori dei suoi goffi tentativi di ordinare un cannolo mediando con il barista che fa fatica a comprendere qualcosa che non venga pronunciato in dialetto stretto. Una parabola curiosa, certo, ma ammantata al tempo stesso di una normalità che istintivamente spinge il lettore a simpatizzare per quell’intellettuale a cui finalmente è concesso di essere sé stesso. Ben presto, però, l’idillio svela il suo inganno: e quella che in apparenza, tra una passeggiata in campagna e una sessione di scrittura della propria autobiografia, sembrava essere la nuova, definitiva normalità si traduce progressivamente in pungente nostalgia. In ritorno a casa. In una fine spiazzante e travolgente.

L’UOMO CHE MORÌ DUE VOLTE. Nel marasma del 7 gennaio 2015, Jean-René è da solo. Nessuno sa del suo ritorno. Neanche i genitori. Neanche i colleghi, caduti sotto i colpi assassini del fanatismo. Jean-René non è, insomma, dove avrebbe dovuto essere. È immobile, rapito dinanzi alla magniloquenza della Tour Montparnasse. La bellezza che aveva originariamente respinto lo ha ora salvato. O forse, una volta di più, condannato. La sindrome del sopravvissuto è dietro l’angolo. E mentre tutti – sottolinea l’autrice con amarezza e brillante ironia – da ogni parte d’Europa si limitano con disarmante superficialità a condividere l’hashtag che dà il titolo al racconto, il nostro protagonista lascia di sé soltanto un biglietto dai toni pirandelliani. Un’ammissione di colpa, forse. Un’accusa senza possibilità di replica, sicuramente: «Io non sono stato Charlie per molto tempo, ma avrei voluto esserlo volentieri. Avrei dovuto restare qui, avrei dovuto essere già morto. Ecco, fra un minuto finalmente rimedio. Torno ad essere Charlie, forse per la prima volta». La conclusione teatrale di un dramma del quale, tuttavia, viene ignorata la profondità.

IL CURIOSO CASO DEL SIG. LEROY. Anche Eva Luna Mascolino, come il suo intrigante protagonista, ha degli strali da lanciare. Contro quel giornalismo gossipparo camuffato dietro la parola “inchiesta”, che, sorvolando sulle cause della barbarie, indaga, con inquietante invadenza e spalleggiato dai saggi (pseudo)scientifici e dai consulenti più disparati le tappe del viaggio di Jean-René, tentando perfino di tracciarne un profilo psicologico. Non per comprendere la ratio del suo gesto estremo, bensì le futili ragioni del suo colorito soggiorno isolano, attraverso una corsa allo scoop di cui tante volte siamo stati testimoni e che poco onore fa alla categoria. Contro l’ipocrisia della politica e dell’opinione pubblica, impegnate a mostrare la solidarietà come una medaglia al merito eppure mai disposte ad interrogarsi sulle proprie responsabilità. E, perché no, contro quei lettori a cui la scelta del protagonista appare incoerente, incomprensibile. Nel vuoto di una società che attribuisce solo a cause esterne la propria tendenza all’autodistruzione, Jean-René Leroy è l’unico che ha diritto di parola.

PISTOLE DI CARTA. Ci sono densità e imminenza nelle parole che Eva Luna Mascolino, proprio all’indomani dei tragici fatti parigini, ha sapientemente calibrato nella sua opera. Un racconto pregevole non solo alla lettura, ma anche al tatto: la copertina, infatti, è realizzata in cartoncino naturale di pura cellulosa ecologica, marcato a feltri su entrambi i lati e non plastificato. Ad impreziosire ulteriormente la pubblicazione, l’utilizzo di un peculiare inchiostro, ricavato dalle bacche di sambuco. Una scelta guidata dall’intento di preservare la qualità, strizzando l’occhio alla questione ambientale. I libri come Je suis Charlie, del resto, sono fatti per colpire. Forte. Sono, citando Ray Bradbury, «pistole cariche». Pistole di carta da opporre a quelle vere. Pistole con cui armarci contro l’orrore.

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