C’è una cosa che – mio malgrado – ho imparato o forse riscoperto solo quest’anno, dopo anni che non avevo più familiarità con il mondo della scuola, grazie al fatto che sono diventata consulente esterna per una casa editrice di testi scolastici.

E cioè che, se stai cercando dei brani per un’antologia e il tema del capitolo è il “diario, non è il caso di prendere ad esempio quello di Anna Frank. O che, se devi presentare alla classe il concetto di amicizia in un contesto che non prevede anche dei discorsi strettamente legati al nazismo, è meglio se eviti di rifarti a L’amico ritrovato di Fred Uhlman.

Non perché non siano testi validi di per sé, ma perché spesso nel mondo della scuola, il sapere, la storia e le tematiche più calde dell’epoca moderna e contemporanea è preferibile che restino separate, quasi divise, presentate per blocchi omogenei man mano che – nel percorso scolastico – se ne presenta l’occasione di rito.

Un’abitudine atavica e purtroppo sempre più inconcepibile, che difatti nel nostro piccolo abbiamo cercato di scardinare anche noi, nel lavorare alle nuove edizioni da mandare in stampa, tanto su questioni come quella della Shoah quanto, per esempio, sul fronte del bullismo, dell’intolleranza religiosa o del razzismo.

La copertina del libro

Ci siamo riusciti, per esempio, inserendo un brano da Il corpo nero, il libro autobiografico Anna Maria Gehnyei edito da Fandango nel febbraio 2023, e confido che ce la faremo con un testo che è invece arrivato in libreria qualche settimana fa, ovvero Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana di Marilena Umuhoza Delli, pubblicato da People.

Perché questa lettera fuori dagli schemi, e al passo con i tempi come non se ne vedevano forse dall’uscita di Cara Ijeawele (Chimamanda Ngozi Adichie, Einaudi, traduzione di Andrea Sirotti), è contemporaneamente una speranza e un decalogo, una confessione e una raccomandazione, che la scrittrice di madre ruandese e padre bergamasco ha portato a termine con grande delicatezza e precisione.

Il sottotitolo, già di per sé, dice tutto: Per un’educazione decoloniale, antirazzista e intersezionale, ovvero per portare avanti la convinzione che sensibilizzare le nuove generazioni non sia un’operazione da portare avanti a compartimenti stagni, un tema alla volta o una Giornata Mondiale alla volta, bensì una svolta nell’approccio di base, una maniera nuova di concepire lo stare e il crescere insieme.

Marilena Umuhoza Delli dimostra che è possibile attraverso un ragionamento cristallino, che parte dalla sua esperienza personale per approdare a una dimensione corale, collettiva, nazionale, in cui c’è sempre meno spazio per gli estremismi o per la finta tolleranza, e che invece punta a una convivenza consapevole, serena e profondamente rispettosa.

Il suo decalogo in forma di epistola, che parla tanto alle istituzioni scolastiche quanto ai ragazzi, tanto ai docenti quanto ai genitori, tanto ai presidi quanto a ognuno di noi, ci crede davvero e lo applica a esempi, esercizi didattici e testi da leggere in aula, per rafforzare la nostra convinzione che una strada sia già stata spianata, e che a noi adesso tocca “solo percorrerla”.

Perché un libro che ti segna è un libro che è in grado di cambiarti, di migliorare la tua visione del mondo, di renderla più matura e realmente “adulta”, come d’altronde ci auguriamo sempre che possa accadere fra i banchi di scuola, e come questa Lettera firmata da una madre, una cittadina e soprattutto un’intellettuale fa dalla prima all’ultima pagina.

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