«Quella della mia famiglia è una storia lunga oltre tre secoli. Il mio avo, Paolo Nicolosi fu tra i primi sull’Etna a vinificare con uva bianca, dando vita all’Etna Bianco, che fu portato sul mercato in bottiglia da mio nonno Carmelo. Durante tutto questo tempo, il nostro impegno è stato quello di trasformare il terreno “orrido e incolto” affidatogli agli inizi del XVIII secolo dal vescovo di Catania, in un “delizioso giardino”. Per riuscirci, tuttavia, abbiamo sempre dovuto fare i conti con le difficoltà che il vulcano ci ha posto con le sue eruzioni e con ciò che ne conseguiva. Oggi, questo problema permane, ma ci possiamo avvalere di un valido alleato. Grazie agli innovativi dispositivi forniti dall’INGV, come il  Telerilevamento Radar, siamo stati in grado di anticipare e fronteggiare le eruzioni del vulcano, lasciando più folta la vegetazione delle viti, a copertura dei grappoli. Ciò comporterà una vendemmia tardiva, ma si è rivelata una strategia vincente». 
Il problema della cenere vulcanica è stato da sempre per gli agricoltori e viticoltori etnei una costante non trascurabile. La recente esperienza di Marco Nicolosi, enologo e direttore della produzione dell’azienda Barone di Villagrande, testimonia come l’ausilio di strumenti all’avanguardia di previsione e monitoraggio dell’attività vulcanica, oggi possa fare davvero la differenza. Su questo affascinante tema, e questa annosa questione è stato incentrato il convegno “Cenere dell’Etna, danni e benefici in agricoltura” tenutosi all’interno della 41esima edizione della ViniMilo. Se, come spiegato da Mauro Coltelli dell’INGV, l’utilizzo della cenere vulcanica in ambito edile è una possibilità concreta – esplorata anche dal Decreto Semplificazioni, secondo il quale essa verrà trattata come materia prima per nuovi cicli produttivi – quali sono i suoi effetti sul settore agricolo? 

LUCI E OMBRE. Le opinioni degli esperti sono contrastanti. Dei benefici è convinto il ricercatore INGV Salvatore Giammanco: «Se osserviamo un granulo di cenere, è interessante notare come esso sia costituito più da vuoti che da pieni  si tratta di una schiuma di lava che raffreddandosi diventa vetro vulcanico, sulla cui superficie si possono agganciare tantissimi elementi chimici, sotto forma di cristalli, da quelli maggiori come sodio, potassio e calcio, a quelli minori, quali ferro, litio, silice, alluminio e perfino minime quantità di oro e platino. Tali elementi, disciolti dall’acqua piovana, finiscono nel sottosuolo e divengono ottimi nutrienti e fertilizzanti naturali per le piante». Secondo lo studioso, la ricaduta delle ceneri non avrebbe effetti positivi solo sui terreni agricoli etnei ma anche sullo sviluppo della fauna marina, specie quella del mare Ionio, in cui sono state rilevate condizioni di eutrofizzazione naturale, ovvero di particolare ricchezza di sostanze nutritive. 


Di diverso parere è invece Alessandra Gentile, del dipartimento di Agraria dell’Università di Catania. «La cenere caduta in questi mesi non rappresenta alimento per i sistemi radicali, perché solo nel tempo i minerali saranno assimilati dalle piante». Inoltre, secondo la studiosa, è necessario tenere in considerazione i danni registrati nelle colture etnee, specie quelle di ciliegie e limoni. «Durante il riposo vegetativo delle coltivazioni, i lapilli e la cenere più sottile possono causare ferite sulle foglie e sulle gemme, da cui entrano funghi, virus e batteri; in piena fioritura, invece, il danno è registrato dall’intero apparato fiorato, intaccando così tutta l’attività produttiva e quindi commerciale». 

La questione rimane aperta, ma lo studio del nostro vulcano e i modi, vecchi e nuovi, di fronteggiare i suoi eventi avversi, talvolta trasformandoli in opportunità, sono testimonianza di un rapporto unico, quello che il popolo siciliano ha con la sua “muntagna”. Un rapporto “vivo”, che non smette di sorprenderci e impegnarci. «L’uomo – conclude Giammanco – ha sempre colonizzato l’Etna, nonostante spesso sia stata causa di distruzione e sconforto Sul lungo termine, i benefici e il ciclo vitale che ci regala superano di gran lunga i danni e i disagi da essa provocati».

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