Sorseggiare un Aperol spritz in riva al mare, salire su una vespa e lasciarsi trasportare dai paesaggi incantevoli, godersi le meraviglie della nostra cucina… Negli Stati Uniti lo chiamano il sogno italiano – con un radicale rovesciamento di prospettive rispetto al nostro sogno americano –, alimentato ora dalla fama raggiunta dalla serie tv di casa HBO The White Lotus, la cui seconda stagione è interamente ambientata nella nostra Sicilia.

SCENARI DA SOGNO. E così l’hotel Four Seasons San Domenico Palace di Taormina diventa, per sette episodi, lo scenario degli intrighi di potere e denaro di un gruppo di ricchi americani in vacanza. Perfettamente riconoscibili, riusciamo a scorgere anche le spiagge di Cefalù, il teatro Vincenzo Bellini di Catania, il teatro antico di Taormina, l’Isola Bella, il centro storico di Noto e il nostro maestoso vulcano, l’Etna. Il tutto condito da un pizzico di storia siciliana: «Cosa sono queste teste? Sono praticamente ovunque» chiede per esempio Ethan, uno dei protagonisti, in una scena del telefilm. «Sono teste di moro», gli spiega un dipendente dell’albergo. E ci racconta che «Secondo la leggenda, un moro venne qui molto tempo fa e sedusse una ragazza, ma poi lei scoprì che lui aveva una moglie e dei figli in patria. A causa di questa menzogna lei gli tagliò la testa».

IL FASCINO DELLO STEREOTIPO. Ma la Sicilia di The White Lotus non è soltanto quella delle bellezze paesaggistiche e di una Dolce Vita 2.0, luogo da vacanza favoloso dove riscoprire il tempo lento, ma anche l’habitat di una figura quasi mitologica: il siciliano, che come da copione hollywoodiano è bello, focoso e… un po’ mascalzone. Emblematici, infatti, sono i personaggi di Lucia e Mia, escort catanesi che vengono a conoscenza dell’arrivo in Sicilia del gruppo di ricchi americani attorno ai quali ruota la vicenda delle serie, e che grazie al gioco della seduzione e a qualche raggiro si intascano i soldi con cui vivere la vita che hanno sempre sognato: passeggiare per le vie del lusso del centro di Taormina e bere cocktail vista mare dal resort.

La serie non perde occasione di riconfermare
la fascinazione tutta a stelle e strisce
per l’immaginario de “Il Padrino”,
come quando i protagonisti discutono del fascino che la pellicola ha avuto su di loro

E se, con le incursioni nella zona grigia della legge di Lucia e Mia, la serie sembra abbracciare una versione light dell’inveterato binomio siciliano-malavita, l’arrivo di un altro personaggio traghetta The White Lotus verso acque ben più torbide. Non è un caso, infatti, che al centro del delitto attorno al quale ruota la seconda stagione vi sia l’enigmatico e affascinante Niccolò. Presentato allo spettatore come il bel siciliano che potrebbe salvare la vita amorosa della ricca ereditiera Tanya, appena separatasi dal marito, si rivela essere una presenza ben più losca al termine della serie, quando si scopre che era invece un sicario della mafia, assoldato dall’ex marito di Tanya per ucciderla e intascarne l’eredità. Il delitto viene sventato, ma la serie non perde comunque occasione di riconfermare la fascinazione tutta a stelle e strisce per l’immaginario de Il Padrino nel momento in cui, per esempio, alcuni dei protagonisti si concedono una gita a Villa Corleone – la location nei pressi di Fiumefreddo dove Francis Ford Coppola fa morire la sposa siciliana di Michael – e discutono amabilmente della loro ammirazione per la pellicola. Insomma, quando si tratta della Sicilia, l’offerta di parlare di mafia “all’americana” sembra per i registi d’oltreoceano troppo allettante da rifiutare.

LA DISTANZA DA MONTALBANO. E se la nostra isola ha già vissuto l’effetto mediatico dato dalla messa in onda della fiction Rai Il Commissario Montalbano, con migliaia di turisti arrivati da tutte le parti d’Italia solo per visitare la sua terrazza panoramica, adesso la storia sembra ripetersi. Certo, il racconto delle vicissitudini che gravitano attorno al paesino di Vigata era affidato alla penna di Andrea Camilleri, un conterraneo che raccontava con arguzia e ironia la sua Sicilia, quella che ha sempre conosciuto e vissuto personalmente in tutte le sue contraddizioni. Non altrettanto sfaccettata, purtroppo, è invece la narrazione che dell’isola fanno ora gli sceneggiatori della serie americana, ed ecco perché non sembra lecito aspettarsi che grazie a The White Lotus l’immagine della Sicilia e dei siciliani risulti rinnovata agli occhi del pubblico americano. Resta però da chiedersi quali saranno le conseguenze economiche e turistiche di quello che il New York Times ha già definito «effetto White Lotus». A ridosso della messa in onda della stagione, lo scorso ottobre, le vie di Taormina sono già state prese d’assalto dai turisti desiderosi di esplorare i luoghi del telefilm, anche se la prova del nove la avremo quest’estate, quando la cittadina si risveglierà dal letargo invernale e riaprirà le proprie porte.

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