Niente voli pindarici su temi astratti bensì domande stimolo a partire da oggetti quotidiani e situazioni concrete. “E se…? Oppure…? Facciamo finta che…” sono gli interrogativi con cui il filosofo coi bambini allena i piccoli alla ricerca di mondi possibili, invitandoli a condensare il proprio pensiero in poche parole. Il progetto, nato nel 2008 da un’idea di Carlo Maria Cirino e Cecilia Giampaoli,  è stato accolto in  diversi Istituti Scolastici sparsi in tutta Italia

Non colorano la biga alata di Platone o i baffi di Heidegger ma si interrogano su ciò che al naufrago dell’isola appena disegnata possa servire, «per vivere bene o per essere felice». È la Filosofiacoibambini®, una pratica innovativa destinata ai bambini dai 3 ai 10 anni, «La filosofia dei “se” che aiutano a crescere», spiega Maria Anna Carrara, laureata in Filosofia a Palermo e filosofa coi bambini.

Il progetto nasce a Pesaro nel 2008 da un’idea di Carlo Maria Cirino e Cecilia Giampaoli per poi diffondersi negli Istituti Scolastici di tutta Italia tramite la formazione di docenti, genitori e studenti in Scuole, musei, biblioteche, librerie ed eventi. Vanta 30 filosofi formati al Metodo originale, 70 istituti scolastici visitati in Italia e 8 pubblicazioni per la Safarà Editore. Di recente ha collaborato con Rai Scuola e nel 2018 si espanderà a Istanbul. Nel 2016 è sbarcata in Sicilia: Francesca Lo Buglio, Veronica Cerniglia, Marianna Carrara, Doriana Prinzivalli, Giovanna Martines, Roberta Giusto sono il team siciliano.

FILOSOFIA TROPPO COMPLESSA PER I BAMBINI? Chi se lo chiede dimentica che ogni bambino nasce filosofo. Il filosofo coi bambini, come un novello Socrate,  attraverso un ciclo di laboratori, guida i bambini alla scoperta della chiave dello stare al mondo: la meraviglia. Una vera caccia al tesoro che riattiva il gioco simbolico: i bimbi, esplorando le possibilità del linguaggio, sondano la realtà, la decostruiscono, come un’epochè husserliana. Scoprono che esistono infinite possibilità oltre lo status quo. Il bambino formato all’esercizio del pensiero controfattuale al futuro, quando avrà di fronte situazioni avverse immaginerà un ventaglio di alternative, passando da vittima a vettore dell’evento (teoria psicologica Locus of control). Ecco l’importanza di introdurre la pratica filosofica in quella fascia d’età: migliorano l’ascolto, la capacità di interpretare i simboli, di osservarsi, narrarsi, stimare gli altri e se stessi; il problem solving, la gestione delle emozioni e l’empatia.

LA METODOLOGIA. Una trentina i laboratori ideati per il contesto classe (ma non solo) dalla durata di 1 ora per un ciclo di 10 o 20 incontri. Niente voli pindarici su temi astratti bensì domande stimolo a partire da oggetti quotidiani e situazioni concrete. “E se…? Oppure…? Facciamo finta che…” sono gli interrogativi con cui il filosofo coi bambini allena i piccoli alla ricerca di mondi possibili, invitandoli a condensare il proprio pensiero in poche parole. Non c’è una soluzione, quindi né competitività né timore di valutazione. Non un prodotto finale, non una morale, ma un approccio dinamico alla realtà che accende l’entusiasmo.

I LABORATORI. “L’isola” è uno dei laboratori. I bambini disegnano il contorno di un’isola nel proprio foglio e immaginano di essere naufraghi e di scegliere tra bisogni e desideri fondamentali. Ognuno sceglie un elemento da inserire che tutti raffigurano, così l’isola prende forma attraverso il dialogo. Interessanti sono le teorie politiche dei bambini che nascono dal notare la necessità di organizzazione. Il laboratorio “Cos’è un cucchiaio?” è esemplificativo di come attraverso il gioco i bambini ragionino su un oggetto quotidiano oltre l’evidenza. Dopo essere stato mostrato e sottoposto alla domanda “cos’è”, si ipotizza la sua collocazione in altri contesti (nello spazio, in un temporale…) chiedendo di volta in volta aspetto e funzionalità. Si passa poi a come si dice e scrive. La realtà, declinata nella forma di un oggetto, appare nella sua complessità sicché alla fine è difficile dire “che cos’è un cucchiaio?”. Anche qui ad interessare è l’elaborazione autonoma del pensiero, non c’è una soluzione. Idem “Alla ricerca della normalità”: dall’esamina di oggetti quotidiani si conclude che non è stato trovato il normale.

Così i laboratori sono fucine per il cosmopolita di domani e la filosofia torna ad essere l’Interrogativo che muove.

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