Come comportarsi quando, confinati tra le mura domestiche, ci troviamo a fare i conti con la solitudine? Avremmo sicuramente voglia di distrarci, di allontanare o peggio rimuovere i cattivi pensieri e le paure. Ma una vita in preda alla fuga e alla dimenticanza non sarebbe una valida scelta, a differenza di quella suggerita da Aldo Scarpulla, Direttore della Scuola di Conduzione e Counseling di Gruppo dell’Istituto di Psicosintesi di Firenze intervenuto alla Scuola Superiore di Catania,  secondo cui «basterebbe stare a piè fermo e ascoltare il silenzio, perdonando e convivendo con il nostro Io» affinché la solitudine diventi un’occasione di crescita personale e di autoconoscenza.

Cosa fare dunque per vivere la solitudine come una risorsa? A tal proposito il prof. Scarpulla introduce il viaggio interiore dell’Io, affidandosi all’immagine poetica dei versi di Fernando Pessoa: «In me esiste, al fondo di un pozzo, / un pertugio di luce verso Dio. / Là, molto in fondo alla fine, / Un occhio fabbricato nei cieli». In un primo momento­, così come ci spiega il relatore, lo spazio riservato alla nostra coscienza ci sembrerà buio e pieno di incertezze, proprio come un pozzo il cui attraversamento risulta insidioso. Poi però, s’intravede qualcosa, una luce, la propria individualità. Ecco perché ritagliarsi del tempo per sé può diventare un fatto provvidenziale, una scelta voluta, che nutre la forza mentale e creativa di ognuno di noi, permettendoci di recuperare le energie vitali e di ritrovare il senso dell’esistere. Ben lontana quindi dall’essere una condizione passiva o un separatore sociale, la solitudine può addirittura manifestarsi come «la migliore compagnia», così definita dal poeta e scrittore John Milton, in attesa del «dolce ritorno» al contatto con gli altri.

Innegabilmente, la società contemporanea in parte basata sull’omologazione e sulla coscienza di massa, rema contro ogni tentativo del soggetto di riconciliazione con il proprio Io. Avere il coraggio e la dignità di affermarsi in quanto esseri unici e insostituibili è il primo passo del viaggio alla scoperta del sé, che pian piano si libererà di sterili frustrazioni e rimuginazioni. In fondo, prosegue il prof. Scarpulla: «l’esser soli è un dato ontologico e inconfutabile. Da un punto di vista antropologico, la solitudine appare il dato distintivo della condizione umana».

Sebbene si tratti di un isolamento forzato, il lockdown potrebbe quindi rappresentare un’occasione propizia per fermarci e aprirci alla fragilità della domanda “Come sto?”, in massima libertà e con il minimo condizionamento. Solo con queste premesse è possibile pensare a una ripartenza. «Oggi più che mai si gioca il futuro dell’uomo, che tende verso due direzioni – conclude il relatore – la prima risponde alla logica dell’ultraumano, cioè della tecnologia, capace di abbattere barriere e alzarne delle nuove; la seconda, invece, punta al rinnovamento interiore dell’essere umano, che privo di manipolazioni può finalmente sentirsi uno con tutti».

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