«Quando il digitale si è imposto nella nostra società, l’abbiamo accolto con entusiasmo. Tuttavia, non ci siamo resi conto di quanto la sua evoluzione sia assolutamente in conflitto con presupposti fondativi della civiltà occidentale quali memoria, libertà e coscienza privata. Crediamo di essere autodeterminati, ma ciò non è compatibile con la cultura di cui la tecnologia è espressione, la quale si preoccupa piuttosto di imporre un ordine sociale. In pericolo non c’è solo la nostra autonomia intellettuale, ma anche quella fisica». Con queste parole il sociologo di fama internazionale Derrick de Kerckhove ha messo in guardia dalle seducenti insidie del nostro tempo il pubblico accorso presso il Teatro Stabile di Catania per assistere alla sua lectio magistralis dal titolo Democrazia, Algoritmi, informazione, prologo della terza edizione del workshop internazionale “Il giornalismo che verrà”, promosso dal Sicilian Post e dalla Fondazione DSe. E proprio il mondo dei media e della comunicazione, messo ancora più a dura prova dagli strascichi della pandemia, risulta essere tra i settori che più hanno risentito della sempre maggiore invasività del digitale e di una sproporzionata sovrabbondanza di notizie: «Le fake news – ha aggiunto lo studioso canadese – non sono certo una novità recente, ma mai come oggi hanno avuto una simile risonanza mediatica. Stiamo assistendo ad una pericolosa fusione tra oggettività e soggettività. Il confine tra i due concetti è sempre più sfumato e ad approfittarne sono figure come i capi di stato populisti, che ormai possono permettersi di fare determinate affermazioni senza che sia necessario verificarle».

«Oggi sono gli algoritmi e le IA a prendere le decisioni che riguardano la nostra persona, al punto da influenzare comportamenti e preferenze»

ATENE SIMBOLO PERDUTO. Libero uomo in stato. Con questa massima Aristotele aveva sintetizzato il principio che da secoli dirige il nostro vivere civile. Ma se il bombardamento di contenuti manipolati a cui siamo sottoposti finisce per dare alla verità un volto tutt’altro che rassicurante e definito; se a perdere la sua centralità è perfino la garanzia del libero arbitrio, che ne è della classica idea di democrazia? «La democrazia – spiega de Kerkchove – è stata sostituita dalla datacrazia. Oggi sono gli algoritmi e le IA a prendere decisioni che riguardano la nostra persona. Hanno preso possesso di noi a tal punto da instillarci un nuovo linguaggio, tale da determinare i nostri comportamenti e le nostre preferenze». Basti pensare allo scandalo di Cambridge Analytica, alle pratiche di spionaggio e di profilazione degli utenti per fini economico-politici condotte attraverso le piattaforme social descritte in docufilm come The Social Dilemma, o ancora al modello governativo cinese, che garantisce premi o agevolazioni sulla base della condotta osservata da ogni cittadino. Districarsi in questa rete informativa tanto coercitiva, tuttavia, non è del tutto impossibile. Per farlo, paradossalmente, c’è bisogno di strumenti che oggi attraversano una crisi decisamente profonda: i giornali. «Gli algoritmi – ha proseguito l’allievo di McLuhan – sono una sequenza di comandi, non di significati. Per questo siamo sempre più spesso vittime di manipolazione: il senso ha smarrito la sua importanza, così come la ricerca della verità. Ma è nella natura dell’uomo interpretare: a questo servono ancora i giornalisti». Eppure non tutti sembrano essere d’accordo.

«La redazione del Guardian ha chiesto al meccanismo GPT-3 di scrivere un saggio da zero. Non solo ci è riuscito invitando gli uomini a non aver paura di lui, ma ha pure concluso con una frase di Gandhi»

COLPA DI ELON MUSK. Si chiama GPT-3 e presto, si dice, potrebbe soppiantare il giornalista in carne ed ossa. Elon Musk ha investito milioni di euro per finanziarne lo sviluppo; Microsoft, dal canto suo, deve già averne apprezzato i risultati stupefacenti, se ha deciso di utilizzarlo per rimpiazzare 77 dei suoi giornalisti. Cos’è? Il modello di Intelligenza Artificiale dotato di 175 miliardi di parametri, capace di riprodurre il linguaggio umano a tal punto da comporre testi assolutamente credibili e indistinguibili da quelli redatti da un essere senziente: «La redazione del Guardian – svela il sociologo – ha chiesto al GPT-3 di scrivere un saggio partendo da zero. Il meccanismo neurale ha saputo comporre un testo in cui affermava che, al contrario di quanto studiosi del calibro di Stephen Hawking avevano annunciato, gli umani non avrebbero dovuto avere motivo di temerlo. E alla fine è stato persino in grado di citare una frase di Mahatma Gandhi». L’infodemia (il virus che ha contagiato l’informazione) è servita.

«L’articolo scritto da un giornalista viene concepito sulla base di un significato, cosa che la macchina non può fare»

UN NUOVO PATTO DI FIDUCIA. Ma è proprio nel momento più incerto che prospettive inesplorate possono presentarsi alla nostra attenzione. A dispetto dello scetticismo di molti, infatti, de Kerkchove è convinto che «i giornalisti siano indispensabili per la nostra epoca. Che si tratti di carta o digitale, possono rappresentare un supporto al giudizio individuale contro i tentativi di manipolazione, ma soprattutto una garanzia di sopravvivenza del senso dinanzi al proliferare delle fake news. Leggere e formarsi permette la formazione di un’identità che altrimenti rischia di frammentarsi nei dispositivi che utilizziamo, di maturare un giudizio più ampio, che altrimenti si ferma esclusivamente alle cose che ci piacciono e che ci vengono proposte dagli algoritmi». Tutto passa dalla fiducia. Da come sapremo conquistarcela, o da come sapremo ricostruirla: «L’articolo realizzato da un giornalista viene concepito sulla base di un significato, cosa che la macchina non può fare. La fiducia è legata al concetto di scambio. Siamo davvero disposti a dare fiducia ad un algoritmo che non può essere interrogato?».

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