Sguardo magnetico, un sorriso pulito incorniciato da riccioli ribelli e un grande talento hanno fatto di Giancarlo Commare una stella del piccolo schermo. Negli anni, il ventisettenne castelvetranese, ha saputo farsi apprezzare in molte fiction, fino a diventare presenza fissa in serie di successo come Il Paradiso delle signore, Skam Italia o il più recente Vite in fuga. È proprio nella sua città natale che incomincia a muovere i primi passi nella danza finché non capisce che nel suo futuro c’è il teatro. «La prima volta che ho tenuto in mano un copione – racconta – avevo più o meno dieci anni, mi era stata assegnata la parte di Re Erode nella recita di Natale. All’inizio non fui molto contento poi una volta in scena ho vissuto una magia. In quel momento ho capito che non avrei potuto fare altro nella vita. Ci sono voluti anni però prima che prendessi coraggio. Così, ho atteso con ansia la fine del liceo classico per iniziare un nuovo percorso che aveva come meta un palcoscenico incorniciata da un sipario».

Dall’amore per il teatro all’affermazione sul piccolo schermo, come è avvenuto questo cambio di rotta?
«Un docente dell’Accademia d’arte drammatica di Roma fu il primo a dirmi che il mio futuro sarebbe stata la televisione. Ci rimasi malissimo. Per me quella frase equivaleva ad aver fallito nel mio obiettivo. Non ci volevo credere e non riuscivo a comprenderne il significato. Oggi è diverso, ma continuo a non essere d’accordo con il buon professore Rappa (sorride), perché non voglio essere un attore televisivo ma un attore a prescindere dallo spazio scenico in cui i miei personaggi agiscono». 

Da giovane siciliano è stato traumatico ritrovarsi all’improvviso in una città caotica come Roma?
«Più che traumatico è stata una vera scoperta. Le città mi hanno sempre affascinato, e Roma come nessun’altra. Quando mi sono trasferito, amavo passeggiare per le vie, scoprirne gli scorci, lo facevo a qualsiasi ora del giorno e della notte perché ero curioso di vedere come le cose si trasformassero. Certo, non è stato facile trovare lavoro, ne ho cambiati almeno mille. Ho vissuto anche momenti difficili, una volta mi sono ritrovato a piangere nel bagno di un locale dove lavoravo con ancora in mano guanti, straccio e sgrassatore, ma tutto è servito a farmi arrivare dove sono oggi. Ho ancora tanto da imparare ma nel mio “cassetto” conservo anche molte soddisfazioni».

La televisione comunque le ha offerto una grande visibilità, da Che Dio ci aiuti fino a Don Matteo. Nel 2008 ha girato Skam Italia, dove ha vestito i panni di Edoardo Incanti. Com’è stata l’esperienza sul set?
«Ho avuto l’occasione di incontrare una famiglia a cui, seppure a distanza, continuo ad essere legato. Ho imparato molte cose e mi sono anche parecchio divertito. Certo, all’inizio è accaduto tutto di corsa: sono arrivato sul set dopo 4/5 giorni dal provino ma devo ringraziare il regista Ludovico Bessegato e i miei colleghi per avermi messo subito a mio agio. Da lì, anche grazie alla guida dei due registi della serie, ho cercato di lavorare soprattutto sulla profondità e sulle fragilità di Edoardo per poi costruire le sue maschere».

Completamente diverso è il carattere di Rocco Amato de Il paradiso delle Signore, giovane immigrato siciliano che a Milano trova tante opportunità. In un’intervista ha dichiarato di essersi ispirato a suo nonno per lo sviluppo del personaggio. In che senso? Quali novità possiamo aspettarci in futuro?
«Rocco è molto goffo e divertente e per certi versi lo è anche mio nonno. Anche lui si spazientisce spesso e sono entrambi molto testardi ma sicuramente la caratteristica che più li accomuna è la loro inconsapevole dolcezza. Purtroppo non posso dire nulla ma sono sicuro che continuerà a sorprendervi. Si sta impegnando tanto in questa sua nuova passione per il ciclismo, uno sport bellissimo, e in tutto questo, Maria non sarà l’unica a metterlo in confusione. Passo e chiudo».

Questo momento storico è uno dei più complicati per il mondo dello spettacolo. Qual è il suo bilancio per questi mesi?
«Il mondo dello spettacolo è molto vasto, io preferisco parlare del teatro che in questi mesi è rimasto schiacciato. Un settore che, ahimè, affrontava già difficoltà enormi prima e che ora è completamente bloccato. Ricordiamoci, e mi rivolgo soprattutto ai più giovani, che abbiamo bisogno di arte».

Dove si vede fra dieci anni?
«Non ne ho la più pallida idea e mi va bene così». 

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