I lettori in Sicilia detengono diversi record negativi e in Italia negli ultimi cinque anni ben 2300 librerie hanno chiuso i battenti. Ma i dati Istat rivelano come le nuove generazioni abbiano ancora voglia di leggere. Da dove nasce la crisi? E cosa fare per invertire la tendenza?

In Sicilia a leggere è soltanto una persona su quattro. Basterebbe questo poco incoraggiante indice numerico (ISTAT 2018) per gettare luce sull’allarmante quadro di povertà educativa che contraddistingue la nostra terra. Acuito ulteriormente nella sua gravità dall’apprendere come, facendo il paragone con i nostri compagni insulari, in Sardegna a leggere sia quasi una persona su due (un dato pressoché in linea con quello nazionale). Contestualmente, il Belpaese si vede attraversato da un paradosso di non semplice risoluzione: a fronte di un incremento della produzione libraria e dell’offerta di titoli, negli ultimi 5 anni si è registrata la chiusura di ben 2300 librerie. A cosa si deve questa infelice decrescita? E quali riflessioni sono necessarie per invertire la tendenza?

FALSI MITI. Contrariamente a quanto alcune affrettate semplificazioni farebbero credere, la fetta più cospicua di lettori è rappresentata dai giovani, con un picco per la fascia 15-17 anni. I quali, per di più, nonostante la naturale padronanza dei mezzi digitali potrebbe stimolarli in tal senso, continuano, al pari dei più adulti, a preferire maggiormente un supporto alla lettura di tipo cartaceo (per un totale del 78,4%),
tanto che soltanto il 7,9% dei lettori dichiara di affidarsi esclusivamente all’utilizzo di e-book et similia. Il che, evidentemente, ci consente di demistificare un’altra credenza decisamente in voga nel dibattito corrente sul tema della lettura: la crisi del settore librario non è dovuta soltanto all’invasiva diffusione delle pratiche di e-commerce. Il grado di differenziazione tra contenuto tradizionale e non, del resto, è ancora basilare: solo il 13,4% degli e-book pubblicati presenta differenze e funzionalità aggiuntive rispetto alla sua matrice cartacea. Da cui potrebbe derivare una prima, interessante chiave interpretativa: il futuro degli editori propriamente detti, ma anche delle biblioteche e delle librerie, passerà dalla loro capacità di specializzazione e differenziazione. Cartaceo e digitale potranno continuare ad andare di pari passo o quasi? Sì, ammesso che la proposta culturale ai loro fruitori sia tarata con attenzione sullo strumento deputato alla sua circolazione.

PRESIDIO DEL SAPERE. Se ai giovani l’approfondimento non dispiace, e se i libri stampati giocano ancora un ruolo di rilievo, come spiegare, dunque, il recente stillicidio di librerie, dalle più antiche e prestigiose alle piccole e familiari realtà di paese? In primis, con l’urgente bisogno di una presenza più capillare sul territorio: certamente non aspirando ad emulare il modello del borgo francese di Bécherel – nel quale per un modesto numero di 700 abitanti sono disponibili ben 15 librerie – ma tentando quantomeno di riempire voragini come quella di Porto Empedocle, dove per un totale di quasi 17.000 abitanti non è disponibile alcuna libreria, e quella degli altri 686 comuni con più di 10.000 abitanti del tutto sprovvisti. Ma tutto ciò non basta. Una volta garantita la presenza, ecco che dovranno sovrapporsi veri presidii, librerie che non siano appena passivi ricettacoli di volumi ma realtà dinamiche che sappiano dare la caccia a lettori consolidati e non. È la scommessa di progetti come Ambulanza Letteraria: gettare i libri nella realtà, renderli sorprendentemente nomadi. Perché, prima ancora che incentivare la lettura, bisognerebbe trasmetterne il valore, l’utilità essenziale per la vita di ognuno. Non sorprende, da questo punto di vista, l’ammissione degli editori: solo il 27,8% si è impegnato nell’organizzazione di iniziative di educazione nelle scuole, nelle biblioteche e nelle librerie. Forse, al di là delle oggettive migliorie istituzionali apportabili al sistema editoriale, il punto sta proprio qui: nel saper fare rete. Nel saper coinvolgere con entusiasmo chi sta fuori dalla soglia del proprio negozio. Nel dare non un consiglio d’acquisto. Ma un perché.


«Ho 20 anni, ma da quando studio lettere non leggo»

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