Cosa sta succedendo nel capoluogo etneo e quanto è affidabile la notizia secondo cui il teatro lirico della città avrebbe superato il rischio di un imminente fallimento economico? Ce ne occupiamo oggi, analizzando le dichiarazioni e i dati ufficiali resi pubblici dai diversi protagonisti della vicenda

Gli ultimi mesi sono stati piuttosto tribolati per il Teatro Massimo Bellini di Catania, che sta affrontando una preoccupante situazione di insufficienza di fondi. «Le risorse non bastano per pagare stipendi e spese fisse», è quanto hanno detto e rilanciato varie testate giornalistiche. Ma cosa è successo esattamente? E in quali condizioni versa il teatro adesso?

UN ENTE REGIONALE E NON UNA FONDAZIONE. A differenza di altri teatri italiani, il Bellini non è una fondazione, bensì un ente regionale. Ciò significa che non può assumere, stipulare contratti o amministrare i propri fondi, se non facendo ricorso agli interventi di stanziamento della regione di appartenenza. Nel caso specifico, con l’ultima legge finanziaria, sembrerebbe che l’assemblea regionale siciliana abbia predisposto e operato un taglio di circa 2 milioni netti alle dotazioni corrisposte all’ente lirico etneo, salvo l’ipotetica e variabile reintegrazione di 1,4 milioni che restano comunque vincolati alla definizione del patto Stato-Regioni.

I TAGLI PREVISTI DALLA FINANZIARIA. Il dato è stato condiviso nel sito del Teatro, dove in un comunicato stampa del 28 febbraio si leggeva che le difficoltà erano correlate «al contributo previsto per i prossimi due anni», dal momento che «per il 2020 a favore del Massimo catanese è stata stanziata solo la cifra di 8.839.234,26 milioni, ossia circa 4,6 in meno rispetto ai 13,5 che rappresentano […] la soglia di sopravvivenza», mentre per il 2021 sono previsti letteralmente zero euro a disposizione». Alla luce di tali condizioni il sovrintendente Roberto Grossi ha lanciato un appello in cui ha sottolineato che «impossibile sarebbe portare avanti la stagione estiva e altre iniziative di rilievo, come quelle destinate ai giovani e alle famiglie, per non dire dei progetti che coinvolgono i privati. Ed evidente sarebbe il conseguente danno sui ricavi del bilancio e sulla raccolta delle sponsorizzazioni, oltre alla perdita di quote del FUS regionale e statale derivante dalla riduzione degli spettacoli». Ciò non permetterebbe nemmeno di risolvere l’annosa questione dei dipendenti precari ormai da troppo tempo, e che non a caso hanno organizzato a propria volta manifestazioni scioperi, cortei e occupazioni. Nel frattempo, tuttavia, la situazione non è migliorata e ha messo in allarme non solo i sindacati, ma l’autonomia di vita stessa del teatro.

RISOLUZIONI UFFICIALI E UFFICIOSE. Le sorti del Bellini avrebbero dovuto essere decise il 30 aprile in occasione dell’incontro tra il presidente della Regione e le sigle sindacali. In quella data, Nello Musumeci ha chiarito che, nonostante le pesanti eredità di una passata gestione non sempre eccellente, l’intenzione rimanga quella di salvare il Teatro garantendo da parte della Regione fondi per oltre 13 milioni di euro per il periodo 2019-2021, in modo da consentire – non appena arriverà anche il voto all’Ars del collegato – la stabilizzazione di 31 precari e la programmazione delle stagioni future. Grazie all’accordo stipulato fra Stato e Regione per le ex province, inoltre, le cifre stanziabili potrebbero addirittura aumentare. Tuttavia, i sindacati si sono sentiti traditi dall’emendamento presentato dal governo regionale in quinta commissione a inizio maggio per avviare l’iter di trasformazione del Bellini da ente regionale a fondazione, prospettato come il traguardo di un comune percorso di confronto che invece è stato bypassato. Secondo le segreterie delle associazioni di categoria, infatti, in realtà «deve ancora essere studiato e discusso il modello che occorre dargli», motivo per cui nulla è stato sottoscritto dalle parti coinvolte per paura che, «se non dovesse arrivare la stabilizzazione dei precari adesso con l’ente ancora regionale e con le tutele della legge Madia in un secondo momento, con una fondazione il percorso sarebbe più complesso».

E ADESSO? In questo momento di confusione e tensione, il teatro ha ricevuto il nulla osta per la stagione estiva solo da poche settimane e ogni decisione definitiva sul suo futuro è stata prorogata al 29 giugno. «L’impressione che abbiamo noi lavoratori è che questo teatro pian piano veda scomparire tutta la sua forza lavora e le professionalità acquisite, per poi essere affidato a cooperative» ha dichiarato in un’intervista il macchinista del Bellini e segretario provinciale della UILcom Mauro Cossu. Nonostante si tratti solo di una considerazione personale, la sfiducia nei confronti delle istituzioni è tornata a crescere, mentre si cerca di capire quanto e se convenga trasformare l’ente in fondazione e si fanno ipotesi sull’imminente nomina del nuovo sovraintendente (i nomi più plausibili sarebbero quelli di Ottavio Cappellani, Giuseppe Di Pasquale, Nino Strano, Gianfranco Pappalardo Fiumara o Giovanni Cultrera). «Abbiamo a cuore la salvezza del Teatro Bellini, che per Catania, per l’area etnea e per gran parte della Sicilia orientale è una grande risorsa storica e culturale, con tutto quello che ciò comporta per l’economia e il turismo», è stato dichiarato intanto nel documento unitario delle sigle sindacali. «Ci aspettiamo dunque che la Regione apra subito la discussione, affinché si comprenda insieme cosa sia meglio per il Teatro e Catania stessa, noi siamo pronti a fare la nostra parte», nella speranza che ciascuno faccia la propria con la stabilità, la lungimiranza e la cura che la patria di Vincenzo Bellini finalmente meriterebbe.

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