Il New York Times premia i vini siciliani. Benanti: «L’Etna Doc si conferma un’eccellenza»
Nella lista dei marchi italiani che vale la pena acquistare e gustare stilata dalla testata americana, ben tre prodotti sono made in Sicily. «La pandemia ci ha messo in difficoltà, ma la nostra qualità non ne risentirà»
Sul New York Times un giornalista racconta ai suoi lettori di aver acquistato 10 bottiglie di vino a meno di 25 dollari. Eric Asimov, questo il nome del giornalista – influencer, ha poi stilato una classifica dei vini italiani sotto i 25 dollari che vale la pena acquistare e gustare. E tre di questi sono made in Sicily. Una selezione di dieci bianchi italiani, dall’Alto Adige alla Sicilia appunto, che pone l’accento non solo sulla biodiversità, ma anche sulla qualità delle produzioni. Tra i vincitori Benanti Etna Bianco 2018, COS Terre Siciliane Ramí 2018 e Feudo Montoni Grillo Timpa 2018.
IL VALORE DEL RICONOSCIMENTO. «Il nostro mercato export principale sono gli Stati Uniti e per noi questo rappresenta un grande riconoscimento, perché avere l’appoggio di un opinion leader come Eric Asimov, riconosciuto a livello mondiale, ci dà una spinta maggiore verso vini come Etna rosso, Etna bianco ed Etna rosato», commenta Antonio Benanti, presidente del Consorzio tutela vini Etna Doc, che ha ricevuto lo stesso riconoscimento anche nel 2010. «Quella di quest’anno – aggiunge – è un’ulteriore conferma e siamo molto soddisfatti. Asimov è venuto in Sicilia, è venuto a trovarci nella nostra azienda, conosce bene il territorio. E quando il riconoscimento arriva da chi ha calpestato questi suoli, passeggiato tra i vigneti e conosciuto le persone che lavorano in azienda, è ancora più apprezzato, ha inevitabilmente un valore in più».
Soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, in cui tutto si è bloccato per più di due mesi con conseguenze non indifferenti. «I dati ufficiali del consorzio Etna doc – spiega Benanti – parlano di 4 milioni e 300 mila bottiglie di vino Etna doc imbottigliato nel corso del 2019, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. La produzione sull’Etna, incoraggiata dal successo commerciale e dall’apprezzamento del pubblico e dei sommelier, era in costante crescita e non sarebbe stato così se non fosse stata stimolata proprio dall’apprezzamento del mercato».
RIPARTIRE DALLA QUALITÀ. Ad oggi, abbiamo solo un dato intermedio per il 2020. La sensazione è che si sia imbottigliato meno rispetto alla prima parte dell’anno scorso, ma in questi mesi si continuerà a lavorare e fino a dicembre la situazione potrebbe cambiare. «Il Covid e la pandemia hanno influito più sui consumi che sulla produzione. Le aziende sull’Etna lavorano soprattutto con il canale Horeca (Hotellerie, Restaurant e Cafè), che riguarda hotel, ristoranti, caffè, enoteche, catering. È un contesto diverso rispetto a quello della grande distribuzione e quindi inevitabilmente, con la chiusura di queste attività, le aziende dell’Etna hanno sofferto questo periodo di blocco».
Certo, sarà difficile puntare a recuperare quello che è stato perso. Non sarà un anno come gli altri per quanto riguarda crescita e consumi, tuttavia l’Etna è un brand forte, la qualità c’è ed è riconosciuta e i vini, che appassionano sia i sommelier che i consumatori, hanno un potenziale e una reputazione tale da reggere un periodo di rallentamento dovuto a fattori esterni. In più, come sottolinea lo stesso Benanti, da questo periodo si potrà trarre anche qualche preziosa lezione per il futuro: «Tante aziende ed enoteche, in questo periodo di lockdown, hanno imparato a sfruttare al meglio i canali social. La tecnologia ha aiutato e le competenze che abbiamo acquisito in questo trimestre di difficoltà ci torneranno utili anche nei periodi di normalità. Se vogliamo, questo momento delicato ha costituito un arricchimento».
Per l’enoturismo, invece, sono previsti tempi di recupero più lunghi. Passerà del tempo, speriamo non troppo, prima di poter rivedere i turisti bere direttamente in cantina.