In seguito alla recente “bonifica” avvenuta in corso Sicilia, abbiamo ricevuto la seguente lettera da una volontaria dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, di cui vi abbiamo già raccontato

Cari cittadini del mondo,
ci sono eventi sui quali non si può tacere: “bonifiche” e sgomberi, per me, sono fra questi. Sono una volontaria fra i tanti che spesso spendono il loro tempo provando, senza troppe pretese, a “rendere il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato”. Da due anni e mezzo, passo in strada una sera a settimana con amici di un’associazione a cui sono molto legata, facendomi accogliere a “casa” di chi, in strada, ci vive, e incontrando altre meravigliose persone che, gruppi o singoli, hanno scelto di dedicare il loro tempo a qualcun altro. Ho iniziato grazie ad un’amica, perché avevo un estremo bisogno di rendermi conto che c’era ancora qualcuno che si accorgeva del mondo. Non sono più riuscita a farne a meno: il primo approccio è stato titubante e timoroso (mesi passati chiedendomi come approcciarmi a sconosciuti di cui invadevo gli spazi), ora quando vado mi sento accolta e voluta bene, protetta, in famiglia.

«Ad ogni “bonifica” una fitta al cuore: dove andranno?»

Per questo da anni mi sforzo, senza successo, di comprendere le continue bonifiche e provvedimenti che in tante città d’Italia sono stati presi e vantati come l’azione più utile per risolvere il problema. Come se nascondere la povertà la facesse sparire. Persone a cui voglio bene e che me ne vogliono sono state paragonate a macchine in doppia fila, spazzatura da bonificare, polvere da mettere sotto il tappeto per non sporcare “il salotto buono della città”. Ho sentito commenti di tutti i tipi. Visto amici prendere assurde multe e perdere i documenti buttati insieme a tende e coperte, nei mesi freddi. Ad ogni “bonifica” una fitta al cuore: dove andranno? Dopo un’ora sono sempre lì o poco più in là, da qualche parte devono pur stare.Ad ogni pulizia mi chiedo quanto la gente sappia di loro, delle loro vite, dei loro sogni, e penso che la colpa sia un po’ anche mia che tengo per me quello che faccio perché ritengo le persone che incontro un tesoro prezioso da proteggere dagli occhi di chi non saprebbe guardarle con il giusto rispetto.

«Facile dire che rifiutano assistenza. Vi fidereste del primo che arriva dopo vent’anni di gente che promette e non mantiene?»

Per molti queste persone sono rifiuti umani. Per noi è inaccettabile: questi “scarti” da altri considerati un inciampo, sono un dono. Ci spingono, come gruppo, a vederci, interrogarci, instaurare relazioni alla pari fra noi e con loro. Condivido: non è bello vederli dormire in strada ogni volta che si esce di casa, ma non perché “sporcano”. Perché sono PERSONE, con occhi, mani, emozioni, storie, cuori e sogni, ve li potrei raccontare uno per uno. Vero, se li guardi dall’esterno a volte fanno paura, come tutto ciò che non si conosce. E allora fai finta di niente: eviti sguardi, li fai sentire nulla, passi avanti come se non esistessero. Per poter intervenire nel giusto modo bisogna fare uno sforzo enorme, conoscere le loro vite, scoprire cosa li ha portati là, dedicarci tempo, infinito tempo. Non è facile spesso entrarci in relazione, impossibile per chi ha il cuore surgelato entrare in quello di un altro o aprire il suo a chi è disponibile ad accoglierlo. Ci vuole impegno, costanza, serietà, amore. Bisogna creare rapporti. Sedersi sui loro “letti”. Ascoltarli. Abbracciarli mentre piangono. Scoprire la bellezza che hanno dentro, la forza che credono di non avere. Aiutarli a tirarle fuori. Voler loro bene, ma veramente. Progettare un futuro migliore per loro, con loro, lavorando sui loro tempi, i loro sogni, le cose su cui da soli proprio non ce la fanno, sostenendoli all’inizio per renderli poi di nuovo autonomi. È vero, spesso è impossibile, ma con qualcuno il percorso è iniziato. Facile dire che rifiutano assistenza. Vi fidereste del primo che arriva dopo vent’anni di gente che promette e non mantiene? Del primo che dice di volervi aiutare guardandovi con indifferenza? Per voi è facile cambiare vita da un secondo all’altro? Ricominciare ancora e ancora senza nessuno che crede in voi, neanche voi stessi? Qual è la proposta concreta che offrite, la progettualità che dovrebbe portarli a scommettere di nuovo sulle loro vite? Sono persone che hanno sofferto, né santi né martiri, né tutti buoni o onesti, esattamente come tutte le persone del mondo.

«Non intralciate chi da anni cerca di tendere loro la mano. Non fateli sentire inutili nullità»

Se non volete fare lo sforzo di scoprirli va bene, ognuno di noi nasce per qualcosa e non tutti per instaurare relazioni umane con chi vive in strada, però vi prego, dal profondo del cuore, non intralciate chi da anni cerca di tendere loro la mano e di sostenerli in un percorso che permetta loro di riprendere in mano le loro vite. Non fateli sentire inutili nullità. Una soluzione non ce l’ho, non esiste, non ne esiste una sola, il percorso cambia da persona a persona. Però so che non meritano la vita che fanno, i gesti che vengono spesso rivolti loro, privi di progettazione e di umanità. Un percorso si può tentare, si è tentato con alcuni, evitando di pensarli come massa e restituendo loro, intanto, la dignità di persone, un diritto per ciascuno di noi.

Da lì poi, bisogna PROGETTARE per ripartire, insieme: gruppi, enti, amministrazioni…cittadini del mondo.

 

*volontaria dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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