Introspezione e critica sociale: “Lo statista” di Eliot reimmaginato da Sergio Cristaldi

«Nei “Quattro quartetti” T.S. Eliot aveva scritto: “il genere umano non può sopportare troppa realtà”. E in effetti anche il protagonista di “Rifarsi una vita” – libero adattamento dell’opera “The elder statesman” qui curato da Sergio Cristaldi – finge, accusa gli altri, ripudia il suo passato pur di non fare i contri con i disastri della sua esistenza. È però lo stesso Eliot a suggerire nel dramma che un’altra strada è possibile: se si è amati da qualcuno e si ha il coraggio di ricambiare questo sentimento, si può ricominciare a vivere». Ha esordito così Anna Sortino, presidente del Centro Culturale di Catania, davanti al numeroso pubblico intervenuto sabato sera alla sala Nuovo Sipario Blu in via dei Salesiani n°2 a Catania, presentando la performance teatrale prodotta insieme alla Fondazione Francesco Ventorino. Da tempo, infatti, le due realtà promuovono iniziative volte a diffondere l’importanza dell’arte e della letteratura, un percorso che negli anni si è arricchito con presentazioni di libri, mostre spettacoli di grande valore culturale e pedagogico, come le lezioni-spettacolo su Leopardi e Dante. “Rifarsi una vita”, la cui regia è stata curata insieme a Maria Concetta Tripoli dallo stesso Cristaldi, che per l’occasione ha anche dato voce all’anziano statista, costituisce un ulteriore tassello a questa importante percorso.

Scritto nel 1958 il dramma eliotiano, che si colloca alla fine di un’ampia produzione teatrale avviata con “Assassinio nella cattedrale”, anticipa atteggiamenti che oggi sono divenuti la mentalità dominante. La scelta, poi, di concentrarsi sulla parola ha costituito per la regia una tappa obbligata, limitando la gestualità degli interpreti e consentendo agli spettatori di penetrare appieno nella densità delle espressioni usate dall’autore. Un compito assolto magnificamente da tutti gli interpreti, a cominciare proprio da Luigi Piccinini e Gabriella Romano che rispettivamente hanno vestito i panni di Michele e Monica, i figli del Presidente; continuando con Rosaria Vega che ha interpretato la governante Carla e con Piero La Russa, che invece ha dato voce al vecchio Gomez tornato a scombussolare con un sordido segreto l’esistenza dello statista. Per finire con Anna Sortino, nelle vesti della Signora Maiani direttrice della casa di cura e con Patrizia Scirè che ha impersonato Milli, un vecchio amore mai dimenticato dell’uomo. Belle le immagini utilizzate dal video designer Francesco Riggi, che fra le tele di Boldini e i quadri di Hopper ha restituito una perfetta ambientazione. Come anche, la presenza in scena del quintetto jazz formato da: Nino Sortino (sax), Carmelo Vaccalluzzo (trombone), Corrado Santoro (chitarra), Roberto Crisafulli (basso) e Salvo Scuto (batteria); il quale si è confrontato con i capolavori immortali di Carmichael, Kosma e Kern, favorendo il perfetto meccanismo della narrazione. «È stato un privilegio – ha detto Cristaldi – recitare davanti a un pubblico così disponibile e attento. Il mio ringraziamento va ad Anna Sortino che ha creduto nell’idea sostenendola e portandola avanti con generosità e dedizione, alla Fondazione e all’Istituto Francesco Ventorino che ci hanno ospitato in questo teatro facendosi sentire a casa nostra e a tutti coloro che lavorando dietro le quinte hanno reso possibile tutto questo».

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