Daniel Renowden, professore di lingua inglese che vive in Italia dal 2003, ritorna con la memoria ai giorni del referendum su Brexit riflettendo sul brusco risveglio di coscienza provocato dall’esito del voto

Brexit: un concetto apparentemente semplice, ma maledettamente complicato da spiegare. Da quando sono in Sicilia, mi è capitato tantissime volte di aver provato a dare chiarimenti ad amici e studenti. In quanto cittadino britannico ho avvertito questa responsabilità e, pur non sentendomi all’altezza, ho fatto del mio meglio per spiegare questo atto di autolesionismo del mio Paese.

In fondo non c’è niente di troppo strano. Un tale referendum in Italia non aprirebbe anche qui delle faglie potenzialmente insanabili? In un contesto nel quale il sogno europeo è insistentemente attaccato, nessuno dichiara amore a quest’Europa delle nazioni. Ho deciso di amarla io. Per questo oggi provo a diffondere informazione, attenzione, critiche equilibrate: un apostolo di Bruxelles.

«Avrebbe vinto il “REMAIN”. Il mio voto non sembrava necessario. Non feci nulla e restai quindi muto. Una lezione di democrazia, di vita»

Come abbia votato, dunque, in quel referendum del 2016 sembrerebbe scontato, ma le cose sono andate diversamente. Mentre la deadline per registrarsi al seggio elettorale dall’estero si avvicinava, il sentimento comune era di massima certezza sull’esito: avrebbe vinto il “REMAIN”. Il contrario era impensabile, impossibile. Il mio voto non sembrava necessario. Non feci nulla e restai quindi muto. Una lezione di democrazia, di vita.

Da allora ho seguito, come mai avevo fatto in passato, le vicende della House of Commons: regole, costumi, sfide, difese, eroi e cattivi. Il tutto presidiato dal politico John Bercow, diventato ormai una celebrità, che ho visto persino qui da Fazio sfoggiare il suo ruggito: «Order!». Più divertente della campanella di Montecitorio.

Sembrava che la bagarre politica si sarebbe protratta all’infinito, ma adesso che tutto sta evolvendo verso una risoluzione definitiva, le nei britannici c’è un certo sollievo: si può finalmente parlare d’altro. Qualche passo sarà fatto. Anche se è verso il baratro, ma intanto si cambia.

«Il risultato peggiore di Brexit è che saranno gli esseri umani più vulnerabili a farne le spese»

La mia situazione qui in Italia dipenderà dal risultato dei prossimi negoziati. Il Brexit Day è arrivato, ma ci aspettano ancora 11 mesi di trattative su temi fondamentali come le pensioni e l’accesso al sistema sanitario. Al momento scherzo sulla necessità di sposarmi per ottenere la cittadinanza e sul fatto che in quanto extracomunitario i leghisti vorranno impedirmi l’accesso al porto di Catania.

Per il paese dove sono nato, il futuro è difficile da prevedere, anche se tutti ci provano. Il fatto, però, è che il risultato peggiore non sarà la presenza di un regno più o meno unito o grande di prima, ma che saranno gli esseri umani più vulnerabili a farne le spese.

Brexodus: il mio risveglio dal sogno di un futuro a Londra

 

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