Stessa storia, stesso posto, stesso Giappone. Japan Fest ha travolto Catania con la sua quinta edizione all’Istituto Ardizzone Gioeni: concerti e spettacoli legati alla terra del Sol Levante, quattro aree tematiche dedicate ai laboratori aperti al pubblico. Non solo esibizioni, ma anche dimostrazioni vere e proprie, come quelle di danza giapponese, origami, tamburi giapponesi, kendo e arti marziali, vestizione del kimono e cerimonia del tè

Quest’anno, oltre all’area palco dove si sono susseguiti durante la due giorni concerti e spettacoli legati alla terra del Sol Levante, quattro aree tematiche dedicate ai laboratori aperti al pubblico. Non solo esibizioni, quindi, ma anche dimostrazioni vere e proprie, come quelle di danza giapponese, origami, tamburi giapponesi, kendo e arti marziali, vestizione del kimono e cerimonia del tè. Senza rinunciare a uno sguardo al cinema e alla magia, al modelling e ai videogames, sempre puntando sull’interazione con il pubblico, come sottolineano gli organizzatori Sara La Greca, appassionata di ricette tradizionali nipponiche, e Alessio Riolo, interessato al mondo dei fumetti e dei manga, entrambi dell’associazione culturale Ex-Cogito.

I ragazzi di Ho Bento

Spazio anche allo street food giapponese, con l’angolo dedicato alle ricette di Ho bento – dal nome del tipico contenitore dove il cibo giapponese viene sistemato in scomparti – fast food che verrà a breve inaugurato a Palermo e a Catania. «Organizzavo eventi di cultura tradizionale giapponese ospitando e facendo esibire a Palermo e dintorni artisti che arrivavano dal Giappone», racconta Davide Munna, uno dei giovani proprietari insieme a Sergio Marcianò e Marco D’Aleo, che spiega come il legame con il Giappone sia nato per caso, passeggiando ai tempi del Liceo.

«A un certo punto ho notato una locandina che invitava a partecipare a un corso di lingua giapponese. Mancavano 5 minuti ed era proprio lì, a pochi passi da dove mi trovavo. Così ho suonato il campanello e ho iniziato il corso. Dopo un anno sono entrato nel direttivo del gruppo, avendo l’opportunità di creare una rete di contatti e ponti tra il Giappone e la Sicilia».

Andandoci spesso e vivendoci per un lungo periodo ha approfondito le sue conoscenze, ampliato il giro di contatti e imparato la cucina tradizionale. Che ha subito voluto importare a Palermo, sottoponendola ai palati dei concittadini e diventando chef manager di un ristorante di sushi all’interno della Rinascente.

«La cultura giapponese, forse, è arrivata con lo spopolamento dei locali all you can eat, che se spesso non esaltano la qualità del prodotto hanno perlomeno aperto la strada a una cultura diversa. La cucina giapponese all’inizio può spaventare perché è qualcosa che non conosciamo, ma ci sono tante cose che sono sicuro piacciono a tutti, come la cotolettona panata e fritta che ricorda l’italianissima milanese o la salsa che è molto simile a quella barbecue o ancora le crocchette di patate, tipiche palermitane».

 

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