L’autore catanese firma i testi di due brani della riedizione dell’album “Sì, forever” di Andrea Bocelli. Il primo per l’Inno alla gioia del celebre compositore tedesco, l’altro per la canzone popolare irlandese “Danny Boy”. «Emozionato e divertito». «Già in “Tramonto dell’Occidente” avevo scherzato con Ludwig»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]K[/dropcap]aballà-Beethoven…» rilegge in continuazione guardando sul cellulare lo screenshot di Spotify mentre sorseggia un cappuccino nella pioggia milanese. «Kaballà-Beethoven» si ripete, cercando di capire il suono, di captare l’effetto che fa. E ride. «Mi emoziona, è prestigioso, ma nello stesso tempo mi fa molto ridere leggere il mio nome accanto a quello di Ludwig van Beethoven. Mi sembra uno scherzo». E continua a ridere Pippo “Kaballà” Rinaldi, una delle firme più prestigiose e versatili del panorama musicale italiano e internazionale come autore, musicista e compositore. «Da oggi sono von Kaballà» ride a crepapelle. Ride di gioia, perché neanche al poeta e drammaturgo tedesco Friedrich Schiller, autore dell’“Ode alla gioia” o “Inno alla gioia” (An die Freude), che fu usata da Ludwig van Beethoven come testo della parte corale del quarto e ultimo movimento della sua Nona Sinfonia, riuscì ad affiancare il suo nome a quello del celebre compositore di Bonn.

Al catanese Pippo Rinaldi, più popolare con il nome d’arte Kaballà, invece è riuscito. Non solo figura come autore del testo “Alla Gioia (ode to joy)” scritto sulle musiche di Beethoven, ma a cantarlo è anche una delle voci più famose al mondo, quella di Andrea Bocelli. Ed è stato il produttore canadese Bob Ezrin a scegliere le parole di Kaballà per la versione dell’Inno alla gioia che apre la diamond edition di “Sì, forever”, riedizione speciale dell’album del tenore pop toscano che ha già venduto un milione di copie in tutto il mondo. «Doveva uscire la prossima settimana, invece è stata anticipata la pubblicazione. Quindi è stata una sorpresa anche per me» dice Kaballà con lo sguardo divertito fisso sul telefonino, mentre invia whatsapp con lo screenshot di Spotify. «Kaballà-Beethoven…», e riprende a ridere.

La copertina dell’album

Bob Ezrin, produttore di capolavori rock come “The Wall” dei Pink Floyd, “Berlin” di Lou Reed e “Destroyer” dei Kiss, in conferenza stampa ha tenuto a sottolineare come per questo album sia stato «trovato materiale che ha permesso ad Andrea di esprimere un ampio arco drammatico e musicale. Poteva andare da sublimemente intimo a estremamente maschile e potente. Ritengo questo lavoro come “classico nuovo”». Un lavoro di grande prestigio e di respiro internazionale. Il disco contiene due featuring inediti con Jennifer Garner, pluri-nominata ai Golden Globe, in “Dormi Dormi Lulluby” e con Ellie Goulding in “Return To Love”, e tre nuovi brani: una versione speciale per il XXV anniversario del successo “Il mare calmo della sera”, vincitore al Festival di Sanremo 1994, che presenta un inciso in inglese scritto da Zucchero; il brano, appunto, “Alla Gioia”, registrato per commemorare il 250esimo anniversario della nascita di Beethoven, celebrato in tutto il mondo nel 2020 e una nuova registrazione di “Ragazzo Mio”, basata sul tradizionale motivo irlandese “Danny Boy”, anche questa affidata alla penna del catanese. Il “classico nuovo”, appunto. A questi brani si aggiunge una line-up costellata di importanti nomi della musica internazionale, tra cui Ed Sheeran, Dua Lipa, Aida Garifullina e Matteo Bocelli che con “Fall on Me” sfiora i 60 milioni di visualizzazioni.

Per Kaballà non si tratta di un debutto nel mondo della musica classica. Anzi, il fatto che sia stato scelto l’autore di “Petra lavica” è proprio perché è un esperto nella scrittura di testi per voci d’opera. «Fui coinvolto nel lancio di Josh Groban, l’enfant prodige della lirica statunitense, sotto la produzione di David Foster, e poi scrissi tre pezzi per l’album “Amore infinito” di Placido Domingo ispirato alle poesie di Papa Giovanni Paolo II» ricorda Kaballà. «I testi per la lirica vanno scritti in un certo modo, bisogna saper usare le vocali giuste. È un lavoro certosino, è molto difficile rendere “naturale”, pop, anche liricamente, un testo scritto per l’opera».

Sia per l’Inno alla gioia, sia per “Danny Boy”, non si tratta, infatti, di adattamenti, ma di vere e proprie composizioni inedite. «Ovviamente mi sono ispirato agli originali» spiega l’autore siciliano. «Nell’Ode alla Gioia ho mantenuto il grande afflato religioso, la spiritualità, ma il mio testo si concentra soprattutto sulla tolleranza, sulla fratellanza. Un tema di attualità in questi momenti in cui si sta perdendo l’umanità. Anche nella riscrittura in italiano del brano della tradizione irlandese “Danny Boy”, ho mantenuto il tema dell’attesa della madre per il figlio che va alla guerra. È un brano molto potente e commovente, anche questo attuale».

Come Mario Venuti, con il quale forma una indissolubile e geniale coppia artistica che ha prodotto capolavori della canzone d’autore nazionale, anche Kaballà è un “recidivo”. «C’era già stato un avvicinamento con Beethoven» scherza. «Io avevo scritto “I capolavori di Beethoven” per l’album “Il tramonto dell’Occidente”, composto a sei mani con Francesco Bianconi dei Baustelle e Mario. Un brano nel quale cantava anche Franco Battiato» ricorda con commozione. «Nella canzone era citata la Patetica. Era stato lo stesso Battiato a farla inserire. “Tramonto dell’Occidente” è davvero un capolavoro sottovalutato… Quindi era nel destino il mio incontro con Beethoven, per il quale ho sempre nutrito un grande amore».

È la prima volta “ufficiale” con Andrea Bocelli, anche se i due in passato si erano più volte sfiorati. «In effetti, Andrea aveva già interpretato una mia composizione nell’album di Placido Domingo e poi “Brucia la terra” nel disco “Cinema” dedicato alle colonne sonore» precisa Kaballà. «Mai però avevo scritto per lui direttamente. Avevamo fatto un pensierino anche a lui quando con Mario abbiamo composto “Echi d’infinito”, che ci sembrava una canzone per una voce lirica. Ma non siano riusciti nemmeno a fargliela pervenire: Antonella Ruggiero appena la sentì se la prese per portarla al Festival di Sanremo».

L’ex voce dei Matia Bazar, come Nina Zilli, Alessandra Amoroso, Noemi, Anna Oxa, Eros Ramazzotti, Mietta, Marco Mengoni, Placido Domingo, Tony Canto, Alex Britti, sono soltanto alcuni nomi di una lunga lista a cui Pippo Rinaldi ha dato le parole. «Oggi purtroppo lo stato della canzone d’autore è comatoso – sbotta – Le canzoni sembrano un po’ tutte uguali, nel senso che si muovono seguendo lo schema strofa-ritornello su trame armoniche molto semplificate. E nelle composizioni c’è anche una pigrizia melodica. Non ci sono sforzi per rendere le melodie memorabili. Noi abbiamo avuto, anche nella canzone più popolare, quella di Sanremo ad esempio, delle melodie memorabili. Adesso ci si nutre di rap, ma del peggiore rap, con un flusso di parole spesso senza senso, per tacere degli errori grammaticali.  C’è molta omologazione, un po’ data dai modelli stranieri, che però, rispetto a noi italiani, hanno grandissimi arrangiamenti e grandi voci. A noi manca una Adele, mancano principalmente le grandi produzioni. Noi siamo figli di altre tradizioni, con i ritornelli aperti, con le strofe belle. È questo, il bel canto in italiano che conquista sempre. Bocelli, ad esempio, nel concerto tenuto l’altra sera a Manchester ha proposto “Danny Boy” soltanto con il mio testo in italiano e senza l’inserimento delle due strofe in inglese».

Alla ricerca di vie originali nella scena musicale nazionale, Pippo Rinaldi alla collaborazione con Mario Venuti lo scorso ottobre ha affiancato la produzione editoriale di nuovi talenti. C’è l’autore catanese dietro l’album “Vite private” con cui Marianne Mirage, dopo una esperienza negativa a Sanremo, si rimette in gioco, forte di un video in cui mena e fa fuori il commissario Rocco Schiavone, ovvero Marco Giallini, e di due perle firmate da Kaballà, una in collaborazione con Bianconi.

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