Una trama di culture inestricabile: questo è ormai la città dell’Elefante, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Il progetto Migrantour, con le sue visite guidate da stranieri che hanno imparato ad apprezzare i lati più nascosti della sua bellezza, insegna proprio questo: osservare oltre che guardare, per rendersi conto di quanto ancora c’è da conoscere

Alle 10, davanti Palazzo De Gaetani, uno dei pochi edifici che hanno resistito allo sventramento del quartiere catanese di San Berillo e oggi sede dell’associazione Trame di Quartiere che opera nel rione, si raduna un gruppetto di curiosi, pronti a scoprire cosa sia il Migrantour*.

In attesa che la visita abbia inizio cominciamo a conoscerci: i più grandi raccontano ai più giovani il San Berillo degli anni ’80 e ‘90, quello a luci rosse e inaccessibile. Dopo qualche battuta il gruppo è al completo e si dirige verso la fiera di Piazza Carlo Alberto. Tutti siamo ancora ignari di quanto stiamo per scoprire: una città invisibile, la Catania già multiculturale che fingiamo di non vedere perché troppo impegnati a discutere se accogliere o meno, se proporre l’uno o l’altro modello di integrazione. «La multiculturalità di una città si evince dal suo mercato – esordisce Samba, la nostra guida senegalese che da due anni vive a Catania – non limitatevi a guardare, ma osservate attentamente intorno a voi». Il gruppo che lo segue, una ventina di catanesi di diversa età, è inizialmente un po’ scettico nel seguirlo in un luogo che, dicono, hanno già visto milioni di volte. Ma, come ci fa notare Samba, volteggiando tra una bancarella di abiti ed un’altra di ortofrutta, ci siamo mai fermati ad osservare i volti di chi ci sta dietro? Catanesi sì, ma anche asiatici e africani di diverse nazionalità, in una trama di culture ormai indistricabile.

Così Samba inizia a raccontare la “sua fiera di Catania” e tutti noi cominciamo a chiederci se conosciamo davvero la nostra città. «Sono arrivato qui di notte e il primo luogo che ho visto è stato proprio la piazza del mercato. Mi sono detto: che bella piazza! L’indomani, però, quello stesso luogo era diventato irriconoscibile ai miei occhi, stracolmo di bancarelle e venditori ambulanti. In Senegal il mercato è permanente, quel montare e smontare quotidiano mi incuriosiva così tanto che un giorno decisi di restare fino al momento in cui i venditori andavano via, veniva effettuata la pulizia e i fragori del giorno lasciavano spazio al silenzio del crepuscolo».

LA METROPOLI DEGLI INVISIBILI. Concluso il breve giro tra le rumorose vie della fiera, ci fermiamo in piazza della Repubblica. Anche in questo caso Samba ci chiede di osservare tutt’ intorno con occhi nuovi, anche in questo caso non ne siamo capaci. «Gli alti palazzi del Corso Sicilia – ci fa notare – si confondono con quel che resta delle vecchie abitazioni del quartiere San Berillo, ovvero quel rione che fu sventrato per risanare l’area e costruire palazzi moderni ed alti da cui si vedesse il mare. Palazzi che però non erano destinati ai vecchi abitanti, costretti in massa a lasciare luoghi a loro familiari per trasferirsi in una zona periferica, il nuovo San Berillo ovvero il quartiere San Leone». I protagonisti della storia di ieri, consumatasi negli anni ’60 con il risanamento di un quartiere popolare degradato al centro della città, sono gli stessi di quella che raccontiamo oggi. Sono invisibili che le grandi città non vogliono vedere dai loro attici panoramici e che sono quindi destinati a vivere nelle periferie delle metropoli, ai margini della sopravvivenza, ai limiti della legalità.

CONVIVENZE INTERRELIGIOSE. C’è un altro “luogo del cuore” che Samba ci fa scoprire. Si tratta di Piazza Falcone, slargo in cui sorgono l’una accanto all’altra una chiesa cattolica e una ortodossa. «La convivenza di questi due cappelle limitrofe rende questo punto il più bello di Catania. Anche nel mio Paese d’origine il 95% della popolazione musulmana convive pacificamente al fianco di quel 5% molto eterogeno per religione». Una coesistenza che è vero arricchimento culturale quando si fonda sul rispetto dell’altro, di ciò in cui crede, di quello che sogna. «Uno dei miei amici in Senegal è cattolico ed io prendo spesso parte alle feste religiose cristiane insieme alla sua famiglia che, ad esempio, per Natale prepara un piatto tipico della loro tradizione, ma riadattato per i musulmani, ovvero senza carne di maiale».

LA MOSCHEA DI CATANIA. Una delle ultime tappe del tour è la Moschea della Misericordia, la più grande del sud Italia, situata in via Porta di Ferro. Prima di entrare viene chiesto alle donne di coprire il capo con un velo o un cappuccio, tutti poi all’ingresso ci togliamo le scarpe prima di accedere al luogo sacro. «Arrivato a Catania non conoscevo nessuno -racconta Samba – ma mi è bastato recarmi in moschea per fare amicizia con un altro migrante che condivideva con me la passione per il basket». L’edificio si staglia su due piani, il pian terreno per gli uomini, il primo piano per le donne e il secondo piano per la biblioteca e la scuola coranica. «Ogni venerdì – continua la nostra guida – la preghiera è guidata dall’Imam, che riflette spesso sul dialogo interreligioso, ed è seguita da lezioni di arabo coranico gratuite ed aperte a tutti». Ci racconta poi dei riti di purificazione che precedono la preghiera e recita uno dei versetti del Corano che ha imparato da bambino. Le domande dei visitatori sono tantissime, ciascuno è curioso di conoscere riti ed usi di una cultura lontana ma non troppo. Ma in fondo non è anche questo dialogo interreligioso? Una platea di catanesi che con curiosità si avvicina ai luoghi e alle pratiche di altre culture, talvolta certo con un pregiudizio difficile da sdoganare, ma con il desiderio di conoscere per accettare e comprendere. Il nostro tour si conclude in via Pistone, lì dove era iniziato, tra le vie che profumano di paesi lontani e i volti che sanno di umanità. È stata una mattinata intensa, fatta di dibattiti tra vecchie e nuove generazioni, tra vecchie e nuove prospettive. È stata una mattinata intensa perché ci ha fatto conoscere un’altra città che adesso non potrà più essere invisibile ai nostri occhi.


Che cos’è il progetto Migrantour

 “Migrantour” fa parte del progetto europeo “New Roots – Migrantour intercultural walks building bridges for newcomers active participation”, promosso da ACRA, VIAGGI SOLIDALI e co-finanziato dall’Unione Europea, da Intesa San Paolo e dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo. Il progetto è sostenuto anche da “Le nostre città invisibili. Incontri e nuove narrazioni del mondo in città” ed è attivo in 10 città italiane (Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pavia, Roma, Torino).

 

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