La lotta oltre il dolore: ecco perché la Sicilia non smette mai di rinascere

«Credo che la sofferenza del popolo siciliano ha aiutato Guttuso a diventare un grande pittore». È ciò che ebbe a dire Ignazio Buttitta a proposito dell’amico artista. Perché le cicatrici dei siciliani non sono il prodotto della rassegnazione, ma di una ribellione senza sosta contro lo scandalo di una terra meravigliosa ma sempre più deturpata. Un’epica della riscossa immortalata da dipinti e poesie

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]N[/dropcap]essuno può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti». Chi, pur non essendo un ammiratore della saga cinematografica con protagonista Rocky, non si è mai imbattuto in questa celeberrima citazione? Un’espressione ormai divenuta quasi proverbiale, tanto da fondare una vera e propria filosofia di vita. Quella della resistenza ostinata, a volte disperata, ma che alla fine risulta vincente in virtù della motivazione che la anima. C’è un popolo che, più o meno da sempre, incarna geneticamente questo spirito arrembante, cocciuto, fecondo: il popolo siciliano, istintivamente e contemporaneamente portato a ricercare la libertà e a precipitare in una secolare sofferenza. Che si tratti di un evento storico circostanziato o di un’atmosfera più o meno diffusa in ogni suo abitante, la Sicilia trasuda questo genere di tristezza latente, una malinconia incurabile che si manifesta anche nei momenti di gioia. Ma, altresì, l’isola dalle tre punte può fregiarsi di aver scovato la maniera di trasformare questo umor nero, questa silenziosa e strisciante tensione alla distruzione, in uno sfolgorante istinto di rinascita e consolazione.

Una volta, parlando del suo grande amico Guttuso, il poeta Ignazio Buttitta ebbe a dire: «Come prima cosa penso che sia nato pittore. Come seconda cosa penso che questa natura siciliana, questi colori, questo mare, queste montagne, hanno accresciuto la bellezza della pittura. Come terza cosa penso che la sofferenza del popolo siciliano ha aiutato Renato Guttuso a diventare un grande pittore». Ma perché mai il dolore di una civiltà dovrebbe fungere da medium d’ispirazione? Perché le cicatrici dei siciliani non sono il risultato di una passiva rassegnazione, di una disincantata resa di fronte ai capricci della vita; i segni sulla nostra pelle sono il frutto di lotte cruente e interminabili – talvolta contro noi stessi – che ancora oggi animano questa terra così sventurata. Forse nessuno, più di un siciliano, può sentire radicato nel proprio essere lo scandalo di appartenere ad un luogo così perfetto e deturpato insieme, dove una bellezza senza tempo si mescola e affoga dinanzi agli affronti dei potenti e di coloro che alla Sicilia non tengono affatto, pur essendovi nati. Ha quasi le fattezze dell’epica omerica, del titanismo sette-ottocentesco questa animata ribellione contro il corso sbagliato del mondo. Ed ecco che l’artista, che spesso ha la misteriosa capacità di assumere dentro sé tutto il disagio della storia e dei suoi protagonisti, può nutrirsi di questi sentimenti puri e feroci. Tanto più se tale artista ha respirato l’aria e la polvere della Sicilia, mistura di sangue ed orgoglio.

Non somiglia, forse, al mito dell’araba fenice, che rinnova la sua vita dopo ogni morte? Può darsi, ma con una differenza: la Sicilia non è mai morta. Certamente ci è andata vicina, si è librata sull’orlo della rovina, ha vacillato sul precipizio della crisi, ma non è mai sprofondata. Non del tutto, almeno. Ogni volta che sembrava non esserci speranza, ha trovato dentro sé la spinta per proseguire la sua lotta. Ed è questa spinta che è stata immortalata da poemi e romanzi, dipinti e melodie. È questo che ha reso, secondo Buttitta, Renato Guttuso il pittore che conosciamo. Ed è, in fondo, questo atteggiamento che ci consente un continuo rinnovamento, pur rimanendo continuamente fedeli al nostro vissuto: solo chi ha visto da vicino il fondale dell’esistenza conosce la strada per risalire, solo chi ha desiderato sparire, come capita a volte ad un isolano, può comprendere il valore del riaffermarsi senza sosta. Non importa che a sbarrarci la strada sia una legge ingiusta, una catastrofe naturale, un prepotente desideroso di approfittare delle nostre endemiche debolezze. La Sicilia troverà sempre, come ha fatto fino ad ora, il modo di conquistare la vetta che sembra preclusa. E di valorizzare la sua positiva tristezza.

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Giornalista, laureato in Lettere all'Università di Catania. Al Sicilian Post cura la rubrica domenicale "Sicilitudine", che affronta con prospettive inedite e laterali la letteratura siciliana. Fin da giovanissimo ha pubblicato sulle pagine di Cultura del quotidiano "La Sicilia" di Catania.

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