«La povertà non è solo mancanza di pane e dimora ma anche solitudine e assenza di un riconoscimento da parte degli altri. Se diamo in mano a un bambino un violino questo gli darà fiducia in se stesso. Il potere della musica cambia davvero la vita. Potremo chiamare quest’esperienza connessione tra arte e cambiamento sociale. Il “Sistema ha la capacità di curare le sofferenze emotive e spirituali». Nel novembre 2016, durante un incontro al Teatro Massimo Bellini di Catania, l’ambasciatore del Venezuela in Italia Julian Isaias Rodriguez parlava così del grande progetto avviato da Josè Antonio Abreu, il musicista venezuelano – scomparso nella giornata di ieri all’età di 78 anni – che ha concretizzato un sogno nato oltre quarant’anni fa: dare un futuro alle periferie del mondo grazie a un modello didattico di educazione musicale con accesso gratuito per bambini di tutti i ceti sociali.

LA MUSICA (DAVVERO) PER TUTTI. Il “Sistema Abreu” è stato “importato” ufficialmente in Italia nel 2010 grazie alla volontà del grande direttore Claudio Abbado, che ha fortemente creduto in un nuovo approccio al cambiamento della società basato sulla fondamentale esperienza della musica d’insieme. Un’idea questa declinata in vari ambiti, che in un certo senso si potrebbe dire abbia contrapposto al rigore “post-wagneriano” dei teatri un’idea di musica collettiva, condivisa e libera, ancorché rispettosa dell’istituzione e delle regole. Portare un’orchestra giovanile basata su “El Sistema” in un teatro significa offrire ai ragazzi (ai loro amici e ai genitori) l’opportunità di respirarne l’aria intrisa di magia senza rimanere schiacciati da un senso d’inadeguatezza dovuto a convenzioni sociali. In altre parole, ribadire che la musica è davvero per tutti e di tutti.

Il coro e l’orchestra “MusicaInsieme a Librino” nella foto di Antonio Parrinello

LE ESPERIENZE CATANESI. Di tutto questo abbiamo avuto riprova più volte a Catania dove si trovano due dei 70 progetti aderenti al “Sistema” in tutta Italia: “MusicaInsieme a Librino”, che opera nel quartiere periferico della città e “Alkantàra – Piccole note sulle orme di Abreu” che coinvolge invece i ragazzi del quartiere popolare “Civita”. Molti dei ragazzi provenienti da queste orchestre hanno avuto modo di frequentare il “Teatro Massimo Bellini”, sia in occasione di grandi progetti come il PON “Sistema”, sia nell’ordinarietà delle stagioni, complice il supporto degli orchestrali del teatro catanese e la sensibilità del sovrintendente Roberto Grossi (peraltro presidente del “Sistema” in Italia).

AL DI LÀ DELLE SPECULAZIONI. Quando si parla di questo genere di progetti, spesso ciò che si teme è uno sfruttamento propagandistico da parte di associazioni ed enti culturali. Il contatto con la realtà – che va al di là di un like di “supporto” su Facebook – ci spiega però quale sia il loro vero senso. Passare un po’ di tempo a Librino, ad esempio, è non solo un’esperienza che ha lasciato il segno in molti grandi musicisti che sono andati a trovare i giovani orchestrali (da Giovanni Sollima a Piero Pelù passando per Carmen Consoli), ma un qualcosa che ci fa capire il vero senso di uno studio collettivo, che non si pone in antitesi con quello individuale, ma lo integra elevandolo grazie alla sinergia del gruppo.

CREDERCI DAVVERO. Che tipo di preparazione potrà dare un sistema di questo tipo ai giovani musicisti? Qualche anno fa, il venezuelano Edicson Ruiz, che ha iniziato la sua carriera con El Sistema e oggi è il primo contrabbasso della Berliner Philarmoniker ha incontrato i ragazzi delle due orchestre giovanili catanesi, raccontando loro la propria storia e rispondendo a domande semplici e appassionate. «Sono cresciuto a Caracas, un contesto molto particolare nel quale a dieci anni imboccare la strada sbagliata è piuttosto probabile. A salvarmi è stata la musica e l’avvicinamento a “El Sistema”, che mi ha proiettato in un mondo a me sconosciuto, ma pulito e sano. Lo stesso potrà accadere per voi, ragazzi. Il pomeriggio di oggi sarà per me il ricordo più bello di Catania, perché puoi portare la musica dove vuoi, ma a darle vera profondità è il contatto con la gente».

LA “MAGIA” DELLA MUSICA NEL CAMBIAMENTO SOCIALE. Certamente – per scelta, talento o opportunità – non tutti i giovani musicisti delle giovanili legate al Sistema Abreu diventeranno grandi virtuosi, ma quali sono le implicazioni di un’educazione collettiva alla musica? È possibile pensare che la musica in sé rappresenti in un certo senso lo sviluppo sociale? «Se in questo momento incontrassi Carl Marx – spiegava ancora l’ambasciatore venezuelano a Catania – gli direi: la riforma e il cambiamento sociale fanno parte del pensiero musicale. La musica unisce ancora più del materialismo storico. Esprime pensieri sublimi. Cosa ne pensi, Carl, se insieme costruissimo una società come quella che hai progettato usando un violino, un flauto o un violoncello? Non credi che i governi dovrebbero incrementare i fondi della cultura? Non pensi che il mondo sarebbe diverso?

Il documentario di Zammù TV

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