Le prime lingue di influenza a cui si pensa, quando si parla del dialetto siciliano e delle sue origini, sono il francese e lo spagnolo, oltre naturalmente all’italiano. Anche il catalano e il provenzale hanno avuto la loro importanza, così come l’arabo e il normanno, a testimonianza della storia multiculturale dell’isola.
Meno noto è, forse, l’impatto che ha avuto l’inglese – nella sua variante americana – soprattutto nel XX secolo, per via di fenomeni quali l’immigrazione di massa e le due guerre mondiali, nei quali la Trinacria è stata fortemente coinvolta. Dall’incrocio fra gli isolani al di qua dell’oceano e quelli al di là, è così nato il cosiddetto Siculish, una lingua ibrida che ricorda per lessico l’inglese, adattato però alla fonetica e alla grafia nostrana.

Oltre a celebri nomi di città alquanto “rivisitati”, come “Nova Jorca” e “Brucculinu” per New York e Brooklyn, di cui abbiamo parlato più approfonditamente qui, a inserirsi nella parlata quotidiana è stato anche il rafforzativo “veru”, derivato dall’avverbio “very” e utilizzato in espressioni come “siccu veru” (davvero magro) o in altre simili, i cui si vuole sottolineare non la veridicità di ciò che si sostiene, bensì la sua intensità.
E che dire di parole come “sciàbbula”, che in italiano equivarrebbe alla vanga e che in inglese è, non a caso, “shovel”? Stessa cosa per “rifriguirera”, derivato da “refrigerator” e dunque sinonimo di congelatore, “nepichina”, il tovagliolo che prende spunto dalla parola “napkin”, e perfino “sciào”, alternativa a varianti forse più note per indicare la doccia e che è la rivisitazione di “shower” alle orecchie di chi in America era appena arrivato e capiva i madrelingua poco e male.

Da non dimenticare neppure le “ciunga”, ovvero le gomme da masticare che negli States sono dette “chewing gum”, ennesima dimostrazione del fatto che il Siculish non ha mai abbandonato la terra dell’Etna. La prossima volta che sentirete pronunciare una parola dall’etimologia incerta, tenete quindi a mente che potrebbe avere viaggiato fino alla Sicilia a bordo di una nave passeggeri o dentro una lettera spedita da Manhattan.

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