In quasi dieci anni di attività il fotografo romano ha girato il mondo consacrando la sua carriera alla denuncia sociale. La peculiarità del suo sguardo emerge prepotentemente da questa foto che ritrae i bambini nepalesi costretti ad un massacrante lavoro

La fotografia in questi 180 anni dalla sua nascita ufficiale, era il 1839,  ha comunicato sentimenti e curiosità a milioni di persone. Con il passare del tempo, l’istantanea, come si usa ancora chiamare quel marchingegno che coglie un istante, uno solo, di uno sguardo per renderlo eterno, è diventata  un mezzo di denuncia sociale. Questa la scelta coraggiosa di un fotografo italiano, Luca Catalano Gonzaga, nato a Roma nel 1965, che in 9 anni ha realizzato più di 50 reportage di denuncia sociale da trenta paesi del mondo.

Lo scatto scelto è drammatico. Mostra una ragazzina nepalese al lavoro nella valle di Katmandu, capitale del Nepal, dove, ancora oggi, sono presenti circa 250 fornaci attive da novembre a maggio, periodo della stagione secca. Il volto della quattordicenne è in primo piano, ma è talmente avvolto dalla polvere da risultare quasi invisibile. Polvere ultraleggera, come un talco che copre gli occhi, chiude la bocca, si deposita su braccia e gambe e penetra nei polmoni, danneggiandoli. Ci sono 3 altri adolescenti che avendo già caricato i mattoni, sono pronti a trasportarli nei camion. Come loro, centinaia di adolescenti, maschi e femmine, trasportano carichi di trenta, quaranta, cinquanta chili.  Dall’Asia all’Africa in migliaia lavorano a mani nude, senza strumenti. Cercano e raccolgano pietre di cobalto, minerale fondamentale per le batterie dei cellulari. Le conseguenze sulla salute sono pesantissime. A sinistra della foto 2 bambini, forse figli di qualche madre giovane osservano tutto.

Le fotografie di Luca Catalano Gonzaga mettono in scena una strana dialettica: pur denunciando tragedie orribili non arrivano mai alla repulsione.  È come se il contenuto stridesse con la forma, generando una sorta di poesia.  “Cerco sempre una chiave positiva nella realtà – ha affermato Luca in una intervista – i bambini sono la chiave della salvezza del mondo. Solo loro possono toccare le coscienze”.

Luca, in uno scatto è riuscito a denunciare il dramma della schiavitù, di cui oggi, sono coinvolti tra i 20 e i 40 milioni di persone in tutto il mondo. I suoi servizi a difesa dell’infanzia sono stati pubblicati dai più importanti media del mondo. L’ultimo riconoscimento l’ha ricevuto a ottobre, a Roma, il Premio “Anima per la crescita di una coscienza etica” per l’importante contributo apportato come artista, per una crescita di una coscienza dell’etica, della solidarietà e della responsabile sociale nell’opinione pubblica. Con Luca la fotografia d’autore è scesa in campo a favore dell’infanzia non solo del Nepal, ma anche del Kehya, del Corno d’Africa, dello Zambia, dell’India e del Bangladesh.

Dopo una laurea in Economia e anni di professione nel settore della comunicazione e della pubblicità per conto di grandi aziende, dal 2008 si è dato interamente alla fotografia professionale. “Gestivo budget milionari per le campagne pubblicitarie di importanti imprese, la cui finalità era, sempre, l’incremento delle vendite. Ad un certo punto della mia vita, ho avvertito la futilità di questa attività, ho capito che non mi arricchiva come persona – racconta – il cambiamento, con il passaggio alla fotografia, e alla nuova vita, è stato radicale. Ho sperimentato che l’agiatezza genera un ozio intellettivo che porta a perdere un po’ il senso dell’esistenza. Con la fotografia è cambiato tutto”. Luca, in questi anni, ha potuto col mezzo fotografico non solo denunciare i tanti mali che affliggono soprattutto i bambini, ma anche di mostrare proprio attraverso la ricerca delle immagini, che, se il mondo si salverà, si salverà solo per i bambini e per la loro semplicità.

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