La teologia senza Dio nell’arte di Marc Vinciguerra
L’artista di origini francesi ma americano d’adozione, già protagonista delle Biennale di Venezia, sarà ospitato anche dal Museo Arte Contemporanea Sicilia con le sue opere dal potere evocativo e simbolico in cui si concentra la sua riflessione sul nostro rapporto con la religiosità
La nuova razza mistica. È questo il titolo della poesia filosofica con cui l’artista Marc Vinciguerra, francese di nascita ma americano di adozione, ha presentato la sua opera “The Triptych of The Religion of Atheism”, entrata a far parte della collezione permanente del Museo Arte Contemporanea Sicilia. A presentare il vernissage “Di cielo e di terra” che ha inaugurato la nuova acquisizione del Macs, la direttrice Giuseppina Napoli e il Senior Curator Adriano Pricoco che ha così commentato l’opera: «Cosa rende queste figure che compongono il trittico metafora del contemporaneo? Anzitutto la tensione, sono figure sospese, come in preda a spasmi, reclamano un desiderio di emancipazione morale, rivendicano la volontà di ergersi quasi a conquistare il diritto di esistere in quanto uomo; affermazione del potere dell’intelletto attraverso un percorso di maturazione interiore, consapevole e cosciente». Marc Vinciguerra, attualmente tra i protagonisti della 58esima Biennale di Venezia con una statua monumentale, ha raccontato la genesi della sua opera: «Questo trittico è nato in un monastero sconsacrato – ha commentato con grande emozione – ed è sorprendente che adesso sarà custodito da un’ex abbazia. Il trittico è poi un’opera in costante movimento: è stata alla Fondazione Cini, alla Biennale di Venezia e sebbene adesso farà parte della collezione permanente del Macs, a novembre se ne discuterà negli Stati Uniti dove i più grandi teologi dell’American Accademy of Religion ne faranno una lettura teologica». Perché dietro la materia che prende forma, dietro la bellezza dell’oggetto-arte si nascondono i tormenti di un’epoca che ha smarrito ogni certezza e che brancola alla ricerca di un senso. «Noi siamo quelli che hanno perso temporalmente e vinto spiritualmente – recita la poesia filosofica di Marc – noi siamo la razza dei mistici, la razza dei teologi della morte di Dio, quelli che hanno aperto il portale del nichilismo saggio, i nuovi santi dell’ateismo religioso che si bagnarono nei misteri del nichilismo».
THE TRIPTYCH OF THE RELIGION OF ATHEISM. Quattro corpi si stagliano dinnanzi allo spettatore, lievi e gravi allo stesso tempo, turbano l’animo per le loro posizioni così innaturali. «I quattro corpi che ho scolpito – spiega Vinciguerra – rappresentano l’uomo contemporaneo e il suo rapporto con la religione. Poiché la religione è innaturale, laddove sono naturali azioni come mangiare o bere, i corpi assumono posizioni impossibili. L’innaturalezza dell’atteggiamento vuole inoltre mettere alla prova lo spettatore che è costretto a chiedersi: dov’è Dio? Cos’è l’uomo? Quest’opera è nata per comprendere il mondo soprannaturale e per questo motivo la rappresentazione dei corpi non poteva che essere estranea alla natura». Marc è un filosofo che trasforma la sua riflessione in arte e che possiede una precisa concezione del nostro mondo. «Penso che viviamo in una società secolarizzata – prosegue – in cui il sacro è scomparso. Ma la storia sta cambiando e assistiamo ad un ritorno del sacro in forme diverse: il nostro ruolo come artisti è proprio quello di individuare queste nuove forme». Il trittico rappresenta insomma una nuova spiritualità, emancipatasi dalla religione tradizionalmente intesa ma che ha recuperato la tensione verso il divino. «Quello che io faccio come artista è sforzarmi di far comprendere che il sacro esiste anche oltre la religione, che si può avere una relazione con la sacralità senza religiosità e senza Dio. Lo sosteneva anche Meister Eckhart, uno dei più grandi teologi del Medioevo, il quale riteneva che l’uomo dovesse svuotare sé stesso da Dio, in latino diremmo “vacare deo”, per trovare Dio. Presa coscienza del fatto che Dio non esiste, infatti, potremo confrontarci col nulla e sarà il nichilismo a rivelarci Dio».
NICHILISMO OCCIDENDALE. A settembre la collezione del Macs si arricchirà di un altro lavoro di Vinciguerra: The Ecstasy of the Abscence of Meaning. «Il titolo di quest’opera nasce dalla constatazione che in assenza di senso, di un dogma o di una religione ci si trova di fronte al nulla, ma questa non è una condizione negativa, come abbiamo creduto fino ad ora. Un grande scrittore francese, Georges Bataille, ha molto ragionato a questo proposito sulle conseguenze che la celebre affermazione di Nietzsche, “Dio è morto”, ha generato nella cultura occidentale: se Dio non c’è più, infatti, resta la sua assenza». Un’assenza con cui la nostra epoca fa i conti tutti i giorni in preda al nichilismo più sfrontato e alla percezione di essere circondati dal nulla. Ma è qui che il pensiero dell’artista compie la più grande rivoluzione. «Noi possiamo connetterci con Dio attraverso la sua assenza. Alla base della mia arte c’è la convinzione che dobbiamo capire i meriti dell’assenza di Dio e del nichilismo, il quale non corrisponde alla fine della sacralità per la nostra società, ma all’inizio di una nuova religione. Oggi dobbiamo capire che il confronto con il nulla in virtù del nichilismo predominante è condizione irrinunciabile per la conoscenza di Dio e se le persone pensano che il nichilismo corrisponda invece alla fine di Dio, non è così per me. Io credo sia l’inizio di una nuova religione». L’ultimo verso de “La nuova razza mistica” sintetizza chiaramente questa filosofia: «Noi, che oggi siamo temporalmente distrutti e spiritualmente vittoriosi, riveliamo, dichiariamo, firmiamo la prima teologia ateistica».