Una farina a base di proteine di insetto, un mangime sostenibile per combattere la sovrappesca e contribuire a convertire scarti in risorse. Questa l’idea vincente con cui il team di Ittinsect si è aggiudicato il primo posto al “ChallengeLab2020”, un evento promosso da EIT Food (ente indipendente dell’Unione Europea) che premia l’innovazione delle imprese rurali legate al territorio siciliano. «Tutto è iniziato da un viaggio su un catamarano a vela di sei metri da Venezia a Corfù; 700 miglia di navigazione in più di un mese per riconnettermi al mare» racconta Alessandro Romano, leader della squadra dietro il progetto. E proprio durante questa esperienza realizza che «15 milioni di tonnellate di pesce all’anno vengono sottratte al mare per produrre la farina di pesce che poi viene data ai pesci di allevamento». Così Alessandro decide di tornare dalla Svizzera per dedicarsi al mare, una passione nata nel luogo che lo lega alle sue origini catanesi: la casa a mare di Santa Maria La Scala.

IL PROGETTO. L’idea di Alessandro ha iniziato a prendere forma durante un hackathon di economia circolare, il Recò Festival di Prato, dove si forma il team, che con la guida di un coach mette a punto il  progetto nell’arco di un solo weekend. «Mangimi sostenibili per l’itticoltura che riduca quanto più possibile l’impatto dell’uomo sul mare». Questo l’obiettivo che accomuna la squadra composta da Alessandro, Claudio Boccasini, Cesare Scalia, Sebastiano Stipa e Gennaro Apuzzo, a cui si sono pian piano aggregati altri membri da varie zone di Italia. «Abbiamo pensato ‒ spiega Alessandro ‒ di utilizzare le proteine provenienti dagli insetti e arricchirle con le altre sostanze che servono al fabbisogno nutrizionale del pesce, come l’omega 3. Abbiamo così creato un mangime specializzato che possa sostituire al 100% l’uso della farina e degli oli di pesce». Una produzione senza scarti di lavorazione che, dopo aver utilizzato le proteine per produrre il mangime, si serve dei materiali inutilizzati per la produzione di calore. 

I VANTAGGI. Se da una parte, come fa notare Alessandro, eliminando la farina di pesce si riduce anche la componente di microplastiche ingerite dagli esseri umani, dal momento che i mangimi attualmente utilizzati contengono grandi quantità di metalli pesanti e fertilizzanti chimici, dall’altra c’è anche un vantaggio economico: «La farina derivata dagli insetti è meglio assimilabile dai pesci, ne servirà quindi meno per sfamarli». A questa sostenibilità su più piani si sono interessati quattro itticoltori e altrettante università «le quali si sono offerte di aiutarci gratuitamente conducendo degli studi scientifici». Inoltre, eliminando la farina di pesce, per lo più importata da paesi dell’Africa, del Sud America e dal Mare del Nord «ci sarebbe una diminuzione delle emissioni  equivalente a 1,7 milioni di tonnellate di anidride carbonica». Con questo modello il team di Ittinsect pensa a una produzione locale, con allevatori di insetti nelle varie regioni di Italia, per un effetto chilometro zero e autosufficiente. In fondo, per scoprire la sostenibilità basta saper guardare da un’altra prospettiva.

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