Alla vigilia delle prossime scadenze elettorali le città del Bel Paese mostrano urgenti il bisogno di ricucitura delle fratture sociali: tra centro e periferie, tra istituzioni e giovani, tra promesse e progetti. Anche Catania si sveglia con un impellente anelito di futuro che, ancora una volta, richiama l’attenzione sul valore principe di ogni democrazia: la partecipazione. In questa agorà senza fine l’Amministrazione condivisa – che con la sentenza della Corte costituzionale n.131/2020 è parte integrante della Costituzione italiana – oltre a essere un processo amministrativo può rappresentare un modello politico destinato a cambiare il modo stesso di intendere la polis? Ne abbiamo discusso con Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, che oggi, alle ore 17 presso il Seminario arcivescovile di Catania, interverrà in un incontro sul tema Cittadini e istituzioni: sussidiarietà e operosità sociale. Per un’amministrazione condivisa in seno al ciclo di incontri del Seminario di formazione all’impegno sociale e politico promosso dal comitato Non possiamo tacere, dall’Arcidiocesi di Catania e coordinato da Claudio Sammartino (già prefetto della Repubblica).

Impegno sociale e politico: quanto è importante la sinergia tra questi due elementi, tra cittadini e istituzioni?
«È un punto nodale di ogni democrazia ben funzionante, da quella locale a quella europea. Le istituzioni devono costruire azioni capaci di rappresentare gli interessi della società civile, darvi una risposta e istaurare un buon canale di comunicazione tra le varie componenti sociali».

In virtù di questo nesso, qual è il senso del provvedimento che prevede l’Amministrazione condivisa?
«L’Amministrazione condivisa è l’individuazione dei bisogni dei cittadini e di risposte a partire dal coinvolgimento degli enti del terzo settore e di tutte le realtà presenti nella società civile. A un approccio top-down si sostituisce una logica bottom-up. Che poi è il tema dell’art. 55 del Codice del Terzo Settore, il quale dispone che le pubbliche amministrazioni possono co-progettare attività e interventi di interesse generale insieme agli enti del terzo settore».

Si tratta quindi di adottare una nuova forma mentis?
«In passato gli enti del terzo settore erano coinvolti in misura suppletiva e subordinata in quegli interventi che il pubblico da solo non riusciva a svolgere. Così restavano fuori dal momento ideativo dell’azione amministrativa. L’amministrazione condivisa, invece, prevede un sistema di co-amministrazione, co-programmazione e co-gestione affinché il pubblico possa meglio espletare i propri compiti. È un cambio di paradigma, ma è fondamentale che non sia unilaterale. Dobbiamo riconoscere, infatti, che gli enti del terzo settore si presentano ai bandi già frenati da elementi progettativi o anche solo economici stabiliti dall’ente pubblico»


Oltre all’impegno bilaterale, quali sono le condizioni affinché questo modello possa funzionare da Milano a Catania?
«È fondamentale che non ci sia un predeciso: il pubblico deve accogliere il privato e questo deve essere propositivo nei confronti del pubblico. Lo sforzo comune deve essere rivolto ad offrire non solo beni materiali ma un’idea di società inclusiva. Per fare un esempio, il reddito di cittadinanza è utile ma lo è ancora di più che questa erogazione di beni venga accompagnata da un’idea di società che contribuisca alla creazione dei singoli progetti di vita».

In questo senso, in che modo il principio di sussidiarietà può ispirare la gestione della vita politica?
«Se la co-progettazione la co-programmazione sono gli strumenti di attuazione dell’amministrazione condivisa, la sussidiarietà orizzontale ne è il principio. Negli attuali bisogni sociali c’è la necessità intrinseca di far partecipare tutti alle azioni amministrative».

Da un lato l’amministrazione condivisa che riconosce pieno valore alla partecipazione, dall’altro una galoppante disaffezione politica. Come si cura la sfiducia nelle leggi e nelle istituzioni?
«Bisogna essere realisti: l’amministrazione condivisa non è una bacchetta magica. Se correttamente applicata avvicina i cittadini alla politica ma ciò richiede un percorso complesso e coraggioso in cui le istituzioni siano presenti con gli elettori, trasparenti e volenterosi di creare momenti di sperimentazione. L’incontro che si terrà oggi sarà un momento per riflettere insieme».

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