«Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua», recita una massima di Confucio. Una frase che ben si adatta alla storia di Silvia Pagano, artista catanese, classe 1987, che già da bambina ha scoperto il suo modo preferito di esprimersi e comunicare: disegnando. «Immaginavo storie fantastiche, ero sempre con la matita in mano». Vena creativa che ha sempre tenuto attiva anche quando, dopo il diploma presso l’Istituto d’arte di Giarre nel 2005, ha intrapreso gli studi universitari in Scienze motorie. «Dopo la laurea ‒ racconta ‒ ho deciso di fare della mia passione un lavoro, grazie anche alla scoperta dell’iperrealismo, una tecnica che, per definizione, mira alla riproduzione della realtà». 

L’ARTE PER RACCONTARE. Da una fotografia e dal mettersi in gioco con i ritratti, a cui non si era mai approcciata, Silvia ha scoperto l’iperrealismo e il fascino dei dettagli da scrutare e riprodurre su carta. «Una domanda che mi pongono spesso ‒ spiega Silvia ‒ è “Se già esistono le fotografie perché perdi tutto questo tempo?”. La risposta per me è molto semplice: io non credo che si riduca solamente a una riproduzione della realtà, ma è una realtà filtrata attraverso i miei occhi». Munita di macchina fotografica, che definisce «un mezzo per arrivare a ciò che amo», e ispirazione, Silvia concretizza pensiero e osservazione in opere iperrealiste su carta dove si alternano particolari su cui pone una certa enfasi, come le mani, «un dettaglio che mi piace molto», o la luce di uno sguardo, in cui si alternano chiaroscuri che raccontano quelle sensazioni in cui si immerge completamente durante l’elaborazione che stravolge sempre un po’ l’idea iniziale. In questo scambio personale tra percezione e rappresentazione della realtà non mancano riferimenti alla Sicilia, come in Vavaluci: «Un giorno mio padre ha comprato delle lumache per cucinarle ‒ racconta Silvia ‒ quando le ho viste ho subito immaginato la bellezza di un disegno con tutti quei particolari, come le spirali, i contrasti, quei chiaroscuri». Scorci dell’isola, dalle lumache alle inferriate, sono immagini evocative della terra in cui vive, caratterizzate soprattutto dall’essenzialità del bianco e nero che Silvia sente particolarmente suo.

Vavaluci, matita su carta

CRESCITA ARTISTICA E PROFESSIONALE. Concorsi, mostre personali e collettive in giro per l’Italia hanno permesso a Silvia di aprirsi a nuove ispirazioni, di relazionarsi con diversi artisti, grazie ad esperienze come la Residenza artistica Glo’art a Lanaken (Belgio), vinta dopo il concorso Arte Laguna Prize di Venezia nel 2017: «Ho passato all’incirca un mese a contatto con altri dieci artisti, ognuno aveva il proprio ambito, però puoi scambiare tante idee, si aprono mondi, si hanno tantissime ispirazioni e una crescita interiore e del bagaglio di esperienza che ti porti dietro». Occasioni di crescita e confronto che Silvia porta avanti anche grazie ai corsi di disegno che organizza, sia dal vivo che online, arrivando anche all’estero. «Ho iniziato a pensare ai corsi ‒ ci dice Silvia ‒ perché molti mi chiedevano quali materiali usassi, come realizzassi i disegni, così ho deciso di attivarli e devo dire che mi danno tanto. È una bellissima soddisfazione sapere che ciò che fai arriva agli altri e vedere anche i risultati che poi portano questi artisti». 

Alla curiosità sulla genesi delle sue opere, Silvia ha risposto anche con i time-lapse condivisi sul suo canale Youtube: «Ho pensato che sarebbe stato bello far vedere tutto il processo, dal foglio bianco al disegno completo, chiaramente velocizzato perché per realizzare un disegno spesso impiego anche due o tre mesi». Una vita riempita dall’arte, passione che nel tempo è diventata un lavoro, in cui spesso gli orari sono scanditi da occhi e schiena che si fanno sentire dopo ore di concentrazione, ma ispira e coinvolge appieno Silvia che la mattina apre gli occhi con quella sensazione di felicità di chi non vede l’ora di continuare a creare. 

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