«Vengo da un paese dove la tradizione culinaria si è persa e il fatto di aver avuto la possibilità di girare il mondo è stata per me una grande opportunità. Debbo parte della mia crescita come essere umano e musicista alla cucina mediterranea. Adoro la cucina siciliana e tutto questo non poteva che tradursi in melodie, accordi e ritmi. Sarà un onore poter presentare questo progetto in un’isola dove il cibo è così importante». A meno di un giorno dal suo concerto a Noto (domani 23 luglio alle ore 21.15 presso l’ex Collegio dei Gesuiti), che lo vedrà dialogare sul palco con il trombettista sardo Paolo Fresu per uno dei concerti più attesi del 48° Festival Internazionale Notomusica, il pianista cubano Omar Sosa ci ha raccontato del progetto “Food”, il quale prende le mosse dall’omonimo disco uscito lo scorso maggio per Tuk Music. Un viaggio che esplora le connessioni tra musica e arte culinaria: due linguaggi universali che fanno della contaminazione e dell’improvvisazione due capisaldi del loro arricchimento. Ma anche una riflessione sul piacere della convivialità e sulla necessità di non rinunciare mai al dialogo.

“Food” è l’ultimo atto di una trilogia nata più di 10 anni fa con “Alma” e proseguita poi con “Eros”. In che modo questo terzo “segmento” dialoga con i suoi predecessori? Quale filo rosso tiene insieme queste riflessioni su temi apparentemente lontani?
«Penso che i tre progetti (ALMA – EROS e ora FOOD) abbiano indubbiamente qualcosa di familiare. È un po’ come se fossero fratelli, ci sono dei rimandi interni che sostanzialmente li tengono uniti. Ciascuno dei tre ha un proprio tema distinto, ma in tutti si respira sempre pace,tranquillità, calma, speranza, unità, riflessione e amore per la magia dei dettagli e soprattutto del silenzio. Sebbene vi siano varie influenze musicali, questi progetti esprimono prima di tutto la vicinanza culturale di due musicisti che provengono da altrettante isole (la Sardegna e Cuba) e che inconsapevolmente esprimono sempre la nostra identità isolana da una prospettiva contemporanea».

«Abbiamo raccolto suoni per più di un anno in ristoranti e luoghi legati alla cucina. È stata una delle esperienze più interessanti nel processo di creazione di un progetto musicale»

Omar Sosa

La gestazione di questo lavoro vi ha visti impiegare un anno per campionare i più disparati suoni legati al mondo del cibo e della cucina in giro per il mondo. Questi ultimi sono diventati la base per le tracce dell’album. Negli anni la vostra musica è stata capace di allargare i confini del jazz. Come si colloca “Food” in questo percorso?
«Lo stare a tavola è arte, cultura, tradizione, creazione. Attraverso di esso possiamo conoscere un popolo, le sue usanze, il suo legame con gli elementi, con la natura. Così come nella preparazione di un piatto è necessario partire da un ingrediente di base, allo stesso modo nella musica si può iniziare da una melodia di fondo. Poi, come se fossero delle spezie che danno sapore, si aggiungono il basso, la base ritmica e l’armonia per conferire colore e sapore. Allo stesso modo l’improvvisazione gioca lo stesso ruolo in cucina e sul palco: ogni volta che tritiamo una cipolla o qualche verdura quel contatto del coltello con la verdura genera un ritmo, quando apriamo un frigorifero e poi lo chiudiamo si genera un suono, quando aggiungiamo sale o pepe al cibo ci sono suoni e ritmi. Abbiamo raccolto suoni per più di un anno in diversi ristoranti e luoghi legati all’enogastronomia per creare tutte le basi ritmiche che sono nell’album. È stato un lavoro molto faticoso e delicato, ma allo stesso tempo una delle esperienze più interessanti che ho avuto nel processo di creazione di un progetto musicale. C’è così tanta musica, ritmi e suoni nel mondo culinario che è senza dubbio una colonna sonora senza fine». 

La prima traccia di “Food”, “Father Yambu”, si apre con una preghiera di ringraziamento prima del pasto, mentre “Green” apre ancora più esplicitamente una parentesi politica. Qual è, oggi, l’importanza di riflettere sul tema del cibo? E quale contributo può dare la musica?
«Siamo ciò che mangiamo e molte volte non vi prestiamo abbastanza attenzione. Un pasto equilibrato, sano è senza additivi è un atto d’amore per il proprio corpo, che ci ringrazierà con altrettanto amore, facendoci guadagnare in salute. La musica è nutrimento per lo spirito, così come il cibo lo è per il corpo. Tuttavia anche dietro la preparazione di un piatto c’è una persona che ha che ci ha messo l’Anima per cui la somma di buon cibo e buona musica si traduce in un tripudio per l’anima e il corpo». 

Foto Roberto Cifarelli
Foto Roberto Cifarelli

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