Fra meno di ventiquattr’ore sarà il mio compleanno. Il ventottesimo, per la precisione. Un ulteriore passo simbolico verso il futuro – o magari verso la bambina che sono stata: è così che mi piace vederlo, perché il filo che unisce la me di ieri e quella di domani non tiri mai troppo da una sola delle due parti.

Da bambina, me lo ricordo, facevo sempre domande. Ero curiosa, e avevo un quaderno a righe in cui prendevo mille appunti. Dedicavo pensieri alla pioggia, all’invidia, alle mie bambole, e quasi sempre il mio momento preferito della giornata era proprio quello in cui potevo starmene seduta su un autobus insieme alla mia mamma, o su una panchina del parco, e osservare il mondo.

Ora che lavoro da casa, sbrigo commissioni per strada e comunico quasi sempre da cellulare, ho l’impressione che il tempo di stare a guardare fuori dal finestrino sia sempre troppo poco. Anche se, come ci tiene a ricordarmi Seneca di tanto in tanto, non è il tempo a nostra disposizione a scarseggiare, siamo noi a escogitare mille espedienti per sprecarlo ogni giorno.

E così, quando penso di non avere neanche un attimo da dedicare a me stessa, prendo un romanzo e mi regalo il tempo di leggerlo fino alla fine, ritagliandomi quello spazio fra le priorità burocratiche e professionali che sembrano restarmi sempre alle calcagna. È l’unica soluzione che conosco per evitare di crescere troppo in fretta, o per arrivare poi al giorno del mio compleanno con la sensazione di essere davvero invecchiata.

E se dovesse sembrarvi difficile o strano, lasciate che vi aiuti consigliandovi il titolo giusto da contrapporre alle vostre task quotidiane: Perché il bambino cuoce nella polenta di Aglaja Veteranyi, portato in Italia da Keller qualche anno fa nella traduzione dal tedesco di Emanuela Cavallaro. Una raccolta di pensieri, più che un’opera di narrativa in senso tradizionale, che ci permette di conoscere la storia della piccola protagonista attraverso le parole con cui si esprime in un taccuino.

Si tratta quasi sempre di frammenti, spesso brevi. Di dialoghi appena accennati, di riflessioni sul senso della vita. E di bizzarrie incredibili, come quelle che solo una bambina può concepire e prendere per vere. Fra le sue pagine si alternano infatti credenze popolari e conversazioni con la sua sorella maggiore, paure per la salute dei genitori e speranze che riaccendono in lei le favole o i viaggi, mentre la sua famiglia di artisti circensi cerca di sbarcare il lunario pur di garantirle un futuro.

Vi basterà trovare il coraggio di darle retta per imparare tante cose sull’infanzia – non solo sua, ma anche vostra. Tante congetture che pensavate di avere cancellato dalla vostra mente, tante immagini assurde, tante battute esilaranti. Troverete la mappa di un tesoro fatto solo di stupore e di fantasia, di candore e di libertà, che vorrete a tutti i costi recuperare prima che sia troppo tardi.

E che forse, al prossimo compleanno, farà dire anche a voi: «Di crescere non se ne parla proprio!». Perché a quel punto avrete già capito che, a modo suo, aveva ragione Peter Pan, e che a modo vostro avete ancora il diritto di coccolare il tempo come meglio credete, senza lasciare che gli altri scandiscano il ritmo della vostra vita giornaliera.

Io, quantomeno, ho deciso che anche quest’anno mi regalerò la stessa consapevolezza di sempre, lo stesso sguardo della me ragazzina che non smetteva di domandare perché. Ho imparato sulla mia pelle che funziona più di una crema antirughe, portandomi a ringiovanire e a rinsavire allo stesso tempo. Voi, sarà meglio che capiate a vostra volta come prepararvi al futuro. Se nell’agrodolce compagnia di Aglaja Veteranyi o nell’incoscienza di chi non sa più cosa aspettarsi dal passato. Cin cin.

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