Il segreto dello zùzzu, la gelatina di maiale siciliana

Immancabile tanto nelle tavolate festive casalinghe quanto nelle macellerie della città (i cosiddetti chiànchi), questo piatto diffuso anche in alcune zone della Campania e della Calabria facenti parte anticamente del Regno di Napoli testimonia la veridicità dell’antico detto secondo cui du majàli un si jetta nenti, cioè del maiale non si butta via niente

Il periodo dell’Avvento si avvicina e, come tutti gli anni, la provincia di Catania in particolare e la Sicilia in generale si preparano a degustare un piatto tipico della gastronomia tradizionale del luogo: il cosiddetto zùzzu, ovvero la gelatina di maiale. Immancabile tanto nelle tavolate festive casalinghe quanto nelle macellerie della città (i cosiddetti chiànchi), questo piatto diffuso anche in alcune zone della Campania e della Calabria facenti parte anticamente del Regno di Napoli testimonia la veridicità dell’antico detto secondo cui du majàli un si jetta nenti, cioè del maiale non si butta via niente.

E così, considerata la sua consistenza grassa e nutriente, l’animale era allevato in previsione dei mesi più freddi dell’anno e poi preparato secondo le ricette più disparate. Per lo zùzzu, regola vuole che si utilizzino per lo più parti come le orecchie, la lingua, la cotenna, le zampe, la coda e la testa, da lessare insieme per almeno un paio d’ore in una pentola d’acqua a cui accompagnare qualche foglia di alloro e una buona quantità di sale. Dopodiché, si disossa e taglia la carne cotta, mentre il brodo ottenuto si tiene sul fuoco con l’aggiunta di aceto o limone. Alla fine, il brodo si versa sulla carne e si condisce a piacere con chiodi di garofano, pepe o altri aromi, per poi essere lasciato a riposare una notte in frigo.

Il risultato è una leccornia “povera” ma saporita, che da secoli rallegra il Natale isolano e che non a caso è inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, meglio conosciuta come PAT. A seconda dell’area in cui lo si gusta, lo zùzzu viene chiamato anche sùzu o addirittura liatìna, variante più vicina proprio alla corrispondente denominazione gelatina. L’etimologia del corrispettivo siciliano, invece, è da rintracciare nell’aggettivo zozzo, che secondo alcuni sarebbe qui da intendere come sinonimo di unto, ricco e gustoso.

Secondo altri, in linea con il termine latino sŭcĭdus da cui proviene e che significa letteralmente con le mani imbrattate di sangue, la parola indicherebbe piuttosto la preparazione della pietanza, che nel momento in cui si uccide il maiale e se ne ricavano i necessari tagli di carne, obbliga chi di dovere a sporcarsi del sangue dell’animale. Qualunque sia la verità, la sapidità e la squisitezza del piatto mettono d’accordo gli uni e gli altri almeno sull’immortale gradimento della gelatina nell’intera regione.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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