“U picciottu comu sta?”. Se non siete siciliani ma vi trovate sull’isola, potrebbe capitarvi di imbattervi in questa domanda, magari pronunciata da qualcuno un po’ avanti con gli anni durante una conversazione con un coetaneo che avete origliato senza volerlo. Se aveste poca dimestichezza con il dialetto dell’isola, in quel frangente potreste essere tentati a cambiare marciapiede, pensando di esservi imbattuti in un dialogo tra due affiliati a qualche organizzazione criminale che si interrogano sulle sorti di un’altra persona legata allo stesso ambiente. Dopotutto, anche se non masticate il dialetto, avrete probabilmente già sentito la parola picciottu in una serie tv o in un film ambientati in un contesto malavitoso. Nonostante la sua fama, questo termine ha un’origine e un significato ben diversi.

La radice pikk, che lo accomuna a termini come l’italiano “piccolo” e i siciliani “piccidriddu” (bambino) e “picca” (poco), suggerisce infatti che, in orgine, la parola designava semplicemente un giovane nella fase dell’adolescenza, contraddistinto da irrequietezza e desiderio di trasgressione. Secondo le indicazioni del Grande Dizionario della Lingua Italiana Battaglia, la prima attestazione del termine con il significato di “ragazzo” risale a un romanzo di fine ‘800.

La diffusione maggiore del termine però si ebbe negli anni dell’Unità d’Italia: infatti i picciotti in Sicilia furono tutti quei ragazzi ribelli che nel 1860 ebbero la volontà di unirsi ai Mille di Garibaldi sbarcati a Marsala. L’associazione dei picciotti ai giovani garibaldini si ritrova per la prima volta in delle lettere dello stesso Garibaldi e di Ippolito Nievo. Ragazzi facinorosi, indisciplinati, in piena rivolta, non molto dissimili da quelli disposti a tutto pur di aggregarsi a qualche organizzazione mafiosa ed è così che è avvenuta la traslazione del termine. Solo in seguito – attorno al 1920, quando il termine cominciò a diffondersi anche nella camorra napoletana – il “picciotto” diventa il ragazzotto appena entrato in qualche cosca, reclutato per qualche piccolo affare o per portare a termine una vendetta.Oggigiorno il termine è usato – anche al femminile picciotta – per lo più senza alcuna connotazione negativa. Quindi, se vi capita di sentirlo usare, o se qualcuno vi si rivolge facendone uso, potete stare più che tranquilli. Anzi, in quest’ultimo caso potreste anche esserne lusingati visto che, magari, vi stanno semplicemente dicendo che sembrate ancora dei giovincelli.

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