Prelibata ed esclusiva: “a’ lattàta”, l’antica besciamella siciliana

Era il XVIII secolo quando in Sicilia, sotto la dominazione borbonica, si affermò la figura dei cosiddetti Monsù (da monsieur, cioè signore): dei cuochi inviati dai reali di corte per conoscere meglio la cucina locale e per preparare delle pietanze che si basassero, oltre che sugli ingredienti siculi, anche sulla lunga tradizione francese.

Si trattava di personalità così di spicco da essere state menzionate perfino in opere letterarie del calibro de I Vicerè di Federico De Roberto, romanzo nel quale troviamo il Monsù Martino presso la famiglia degli Uzeda, e de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in cui invece a Donnafugata ci troviamo di fronte al Monsù Gaston.

Tanto nella finzione narrativa quanto nella realtà, il compito dei Monsù era insomma quello di sperimentare nuovi abbinamenti e creare nuovi piatti, un risultato che venne raggiunto in modo particolarmente brillante nel caso di una crema chiamata in dialetto siciliano ‘a lattata, essendo prodotta quasi solo con il tipico latte di mandorla della regione.

Si trattava di una salsa bianca da utilizzare in sostituzione alla besciamella, ma che era più leggera e copriva meno i sapori, venendo peraltro preparata con facilità pestando le mandorle, sciogliendole nell’acqua e lasciandone addensare il composto a fuoco lento, a volte con l’aggiunta di un po’ di fecola o di farina.

Il suo successo fu immediato, tant’è che ‘a lattata venne usata regolarmente per condire gli arrosti e diversi tagli di carne, insieme a una punta di aceto bianco, e che con il passare del tempo si accompagnò a zuppe di pesce e perfino a dessert, avendo un sapore versatile e non troppo pronunciato.

Nel corso del tempo, a diventare irresistibile per gli isolani fu anche ‘a pasta cc’a lattata, un primo che – come riporta Balarm – era condito con «bechamel e lattàta, zafferano, caciocavallo grattugiato e pistacchio tritato, anche nella variante al forno». Una specialità da leccarsi i baffi, e che ancora oggi non a caso si cucina e si gusta volentieri in tante aree della Trinacria.

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Traduttrice di formazione, nonché editor, correttrice di bozze e ghostwriter, Eva Luna Mascolino (Catania, 28 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con il racconto "Je suis Charlie" (edito da Divergenze), tiene da anni corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha conseguito il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e la Statale di Milano, e ora è redattrice culturale - oltre che per Sicilian Post - per le testate ilLibraio.it e Harper’s Bazaar Italia. Lettrice editoriale per Salani, Garzanti e Mondadori, nella litweb ha pubblicato inoltre più di 50 racconti.

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