Quando Acireale fu culla per la Transavanguardia: in mostra opere e ricordi della “Rassegna d’Arte”

«La costa, le strade, le chiese di Acireale hanno in questi giorni un aspetto ancora più accogliente e cordiale. La bella cittadina etnea è in attesa di ospiti importanti, autorità, artisti e giornalisti. Verranno tutti per la IV edizione della Rassegna d’Arte contemporanea Acireale Turistico Termale». In un video del novembre 1970, oggi custodito presso l’archivio dell’Istituto Luce, la barocca Acireale viene presentata come un grande laboratorio di sperimentazione artistica. Per un ventennio, infatti, grande fu il fervore artistico-culturale del territorio in quei decenni quando emersero artisti che, attraverso le loro opere, gettarono le basi di quella che fu poi definita Transavanguardia. Alcune delle installazioni, oltre alle fotografie, alle locandine, ai documenti, di quella manifestazione rivivono oggi nella mostra Il Museo della Memoria – La Rassegna di Acireale allestita negli spazi della galleria Crédit Agricole Italia sita in Piazza del Duomo.

L’arte cambiò il modo di leggere la realtà: non più uno spazio cornice ma uno spazio totale che abbracciava artista, oggetto, pensiero e luoghi, emblema di libertà e cesure

ANNI DI FERVORE.  La Rassegna internazionale d’arte contemporanea si svolse ad Acireale in venti edizioni, dal 1967 al 1989, per iniziativa dell’avvocato Francesco Grasso Leanza, capofila di un mecenatismo che coinvolse élite locali e amministrazione pubblica e termale. Nata per sprovincializzare la città, la Rassegna fu laboratorio per diversi movimenti: inespressionismo, pop art, optical art, realismo lirico, espressionismo astratto. Tanti i nomi che vi presero parte: da Maurizio Calvesi a Filiberto Menna, da Giulio Carlo Argan a Marcello Venturoli, da Pierre Restany a Carmelo Cappello, da Germano Celant a Franco Russoli, da Pier Paolo Calzolari a Turi Sottile ed Emilio Isgrò. Quelle della Rassegna furono decadi di grande fervore che si conclusero con la caduta del Muro di Berlino e l’eclissi delle ideologie. In questo contesto, che vide un forte interesse verso l’atto creativo, molteplici artisti ebbero modo di sperimentare l’utilizzo di nuove tecnologie, come i primi registratori a nastro. L’arte cambiò il modo di leggere la realtà: non più uno spazio cornice ma uno spazio totale che abbracciava artista, oggetto, pensiero e luoghi, emblema di libertà e cesure. A testimoniarlo l’edizione del 1972 “Circuito Chiuso-Aperto” in cui il pubblico, per la prima volta ad Acireale, da fruitore passivo divenne attore della creazione artistica. Le edizioni sciorinarono di volta in volta temi diversi, come “Elogio dell’Architettura” o “Errata percorsi” che vide per la prima volta in Sicilia l’iconico tratto di Keith Haring. 

Quella sedia, simbolo del disincanto della cultura materiale non fu più occupata: da allora Acireale cessò di essere laboratorio di arte contemporanea

Il remade di “Verner Panton sur Faure” di Bertrand Lavier

IL PERCORSO ESPOSITIVO. In mostra, a testimonianza di tale periodo, alcune opere selezionate dalle Collezioni d’arte Crédit Agricole Italia, di artisti cresciuti nell’orbita della Rassegna: Isgrò, Cappello, Sottile, Simeti e Marchegiani, oltre ad una ricca testimonianza fotografico-documentaria relativa ai decenni di Rassegna, reperiti grazie alla collaborazione di numerosi prestatori pubblici e privati. Con lamiere lastricate di manifesti e invettive, la Galleria oggi riproduce persino una parete cittadina a riprova di quanto cruciale fosse il  ruolo giocato dalla Rassegna nell’influenzare le lotte sociali, il dibattito pubblico ma anche la pubblicità (come non farsi catturare dalla locandina del Bitter Pozzillo?). All’interno del percorso espositivo è poi presente l’opera simbolo della Rassegna: Quadro di Pier Paolo Calzolari. Il messaggio/denuncia dell’artista, insieme alla scelta dei materiali utilizzati (compensato, tubo e gommapiuma), lasciarono il pubblico in una sorta di stupore offeso misto a curiosità e altri giovani artisti assunsero il concetto di arte come atto di espressione totale in cui sono rappresentate sia l’opera che l’esistenza in sé quale punto di partenza. All’interno del percorso espositivo è anche presente il re-made di un’opera che destò particolari critiche: “Verner Panton sur Faure”, l’opera-scandalo di Bertrand Lavier. Si tratta di una sedia sinuosa appoggiata su un frigorifero. Un’installazione misteriosa che destò tanto scandalo da contribuire a decretare la fine della Rassegna nel 1989. Quella sedia, simbolo del disincanto della cultura materiale e della ricca complessità del concetto artistico, non fu più occupata: da quel momento Acireale cessò di essere laboratorio di arte contemporanea.

SE OGGI L’ARTE È SOLO MUSEO. Queste pagine in gran parte travolte dall’oblio sono ricucite da Crédit Agricole Italia grazie ai documenti raccolti da Giuseppe Grasso Leanza, figlio del promotore della Rassegna; grazie alle testimonianze conservate dall’Accademia Zelantea; e grazie agli archivi di numerosi fotografi. Rimane da chiedersi: cosa resta oggi di quel coraggio culturale? Il filosofo spagnolo Ortega Y Gasset scriveva che quando una città perde la capacità di futuro si rifugia nel passato. Saprà Acireale sfuggire a questa sorte?


LA MOSTRA
La locandina

La mostra, curata dall’architetto Leo Guerra e dalla dott.ssa Cristina Quadrio Curzio, è visitabile da giovedì a domenica dalle ore 18 alle ore 22, fino al 2 ottobre. È prodotta da Crédit Agricole Italia con il patrocinio del Comune di Acireale e la collaborazione di Terme di Acireale S.P.A e Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici.


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Laureata in "Scienze Filosofiche" presso l'Università di Catania. Giornalista pubblicista, collabora col Sicilian Post dal 2018, curando la rubrica "Il filo di sofia" e occupandosi di tematiche legate alla cultura e all'ambiente.

1 Comment

  • Rosario Pinto
    2 anni ago

    Ricordo con molto interesse e, non meno, con nostalgia, i primi annin’70 e le iniziative della ‘Zelantea’. Ritengo che quel periodo di fruttuoso entusiasmo meriti di non rimanere un semplice e periferico ricordo, non solo a testimonianza della vitalita operosa che seppe suscitare, ma anche perche costituí una testimonianza attiva di una vitalità propositiva che metteva in moto importanti energie culturali e personalità dell’arte che avrebbero saputo dare un significato profondo, anche di ordine antropologico, non solo alla propria vocazione artistica, ma anche alla propria meridionalità (penso, qui, in particolare, ad Isgrò). Grazie per l’attenzione, Rosario Pinto

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