Il celebre fotoreporter ha documentato i conflitti del suo tempo, dalla guerra civile spagnola alla prima guerra d’Indocina. Durante la Seconda guerra mondiale, mentre immortalava la liberazione dell’isola, il suo percorso si incrociò con quello dello scrittore di Porto Empedocle

Nato a Budapest nel 1913, Endre Ernő Friedmann, diventò Robert Capa nel 1936. Uno pseudonimo creato dal gioco di parole tra i nomi del regista Frank Capra e dell’attore Robert Taylor con la sua compagna Gerda Taro (Gerta Pohorylle). I due giovani, entrambi ebrei, si erano incontrati due anni prima a Parigi, dove si erano trasferiti a seguito dell’avanzata tedesca. Insieme si recarono in Spagna per un reportage sulla guerra civile, un viaggio da cui Gerda non farà ritorno: morirà travolta da un carro armato mentre documentava i combattimenti a Brunete. Fu durante questa esperienza che Robert Capa scattò la celebre foto del miliziano colpito a morte, a cui seguirono le testimonianze della resistenza cinese all’invasione giapponese, la Seconda guerra mondiale, la prima guerra arabo-israeliana e la guerra di Indocina, dove morì poggiando il piede su una mina il 25 maggio 1954. Durante questi tragici eventi della storia, Capa raccontò al mondo con la sua macchina fotografica «quell’inferno che gli uomini si sono costruiti da soli», con uno sguardo che ha affrontato il pericolo della morte, sul fronte, armato di macchina fotografica al posto del fucile, immerso in quelle realtà. «Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non sei abbastanza vicino», diceva.

LO SBARCO IN SICILIA. Viaggi, esperienze ed emozioni raccontate anche nel suo libro Slight Out of Focus (Leggermente fuori fuoco), pubblicato nel 1947, che immortala anche lo sbarco degli alleati in Sicilia. Robert Capa fu testimone dell’assedio a Troina, avvenuto tra il 31 luglio e il 6 agosto 1943, che ridusse in macerie la città ennese e causò centinaia di vittime. Tra gli scatti raccolti e poi pubblicate sulla rivista Life, anche quello, celebre, che ritrae un contadino che indica la strada ad un soldato americano. Durante quell’esperienza in cui immortalò i segni della guerra su quei volti ritratti in bianco e nero, la sua strada incrociò quella del diciassettenne Andrea Camilleri.

L’INCONTRO. All’epoca lo scrittore si trovava con la madre e alcuni parenti a Serradifalco, in provincia di Caltanissetta, mentre il padre «per ragioni di servizio» era rimasto a Porto Empedocle. Così il giovane Camilleri decise di andare verso casa in sella ad una bicicletta: «Devo dire ‒ raccontò in una puntata di Meraviglie su Rai1‒ che avevo la sensazione di andare contromano perché tutto l’esercito alleato invadeva la strada: carri armati, camion, soldati in marcia, e io andavo in senso contrario a loro. E io così arrivai a Porto Empedocle e seppi che papà se l’era scampata». Dopo aver visto il padre, avviandosi verso Serradifalco per riportare la bella notizia, decise di recarsi alla Valle dei Templi per accertarsi che fossero sopravvissuti alla guerra. Giunto davanti al Tempio della Concordia, notò «un americano in divisa che aveva tre o quattro macchine fotografiche che gli pendevano dal collo» intento a fotografare il tempio, mentre cercava la giusta angolazione con il suo treppiedi.
Incuriosito, Camilleri restò a guardarlo quando, all’improvviso, uno scontro aereo irruppe sopra di loro: «Immediatamente quel soldato si buttò con la schiena per terra, staccò una delle macchine fotografiche e cominciò a fotografare come se mitragliasse gli aerei». Quando i due caccia scomparvero, i due iniziarono a scambiare qualche parola in spagnolo e scrissero i loro nomi sui fogli del taccuino del fotografo. «Dopo un po’ ci salutammo sorridenti, io ripresi la mia bicicletta e tornai verso Serradifalco. Poi un giorno guardando in tasca, trovai quel biglietto. Il nome del fotografo era Robert Capa».

 

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