L’iniziativa di un attore ha invitato i siciliani a portare il simbolo della cultura culinaria etnea al porto di Catania per mostrare la propria vicinanza ai migranti a bordo della nave Diciotti. Tuttavia, tra bandiere “No Muos” e cori che intonano “Bella Ciao” la partecipazione all’evento lascia aperte molte domande

Mercoledì sera, mentre stavo leggendo un libro, mi è arrivata una notifica su Facebook: si trattava di un invito a un evento dal titolo “Un arancino per accogliere”. Promossa da un attore catanese, Silvio Laviano, l’iniziativa chiamava i catanesi a recarsi al porto di Catania con il simbolo della cultura culinaria etnea, per dimostrare solidarietà e accoglienza ai migranti che si trovano da lunedì in quello che è stato definito “stato di sequestro” sulla nave Diciotti della Guardia Costiera.

Non ci penso un attimo: anche io voglio dimostrare solidarietà; anche io voglio dimostrare che la mia città è una città che accoglie. Arrivo al porto un poco in ritardo (21:15 circa) rispetto all’orario indicato sull’evento e quindi all’ingresso (indicato come punto di incontro), non trovo nessuno. Mi addentro quindi verso i moli certa di individuare subito il luogo della manifestazione, ma a parte qualche passante, non vedo nessuna folla.

Allora chiedo a un barista di un’attività di ristorazione presente all’interno dall’area portuale se sappia indicarmi dove sia la manifestazione. Alle sue spallucce, rimango sorpresa. Com’è possibile che non sappia nulla? Eppure lavora lì. Alla fine vedo la nave della Guardia Costiera e lì vicino un gruppo di persone.

Non sono brava a quantificare, ma saranno state un duecento circa. Rimasta delusa dall’esiguo afflusso di gente, apprendo che oltre all’iniziativa degli arancini, sul posto è stato organizzato un presidio, del quale però non sapevo nulla. Decido di restare: «non importa quante persone ci siano. Catania è una città accogliente. È agosto, la gente sarà in vacanza», mi dico.

Vedo molti ragazzi, alcuni anche più giovani di me. Alcune facce le conosco già: attivisti in associazioni come il Cope, Libera, Legambiente. Ma anche qualche esponente di esperienze politiche catanesi, come Catania Bene Comune. Apprendo che l’organizzazione del presidio è stata gestita dalla Rete Antirazzista catanese, che vede tra le sue fila Matteo Iannitti stesso.

Dopo l’entusiasmo portato dagli arancini, le persone iniziano ad andare via. Di fatto, sono rimasti fino alla fine quelli più coinvolti nell’organizzazione del presidio. Durante la serata ho percepito dello scetticismo nei confronti dell’iniziativa degli arancini. Mi chiedo come mai: alla fine, l’obiettivo è lo stesso.

L’indomani mattina ritorno al porto e intervistando alcuni commercianti, mi rendo conto che non solo non erano a conoscenza della presenza del presidio, ma si sono dimostrati pure contrari. Intanto le persone al presidio si contavano sulla punta della mano: è ora di pranzo, mi dico.

Una volta a casa, decido di aprire il termometro politico comprensibile a tutti: Facebook, imbattendomi nei commenti relativi agli articoli sul presidio, l’arancino e la nave Diciotti. Sotto il pezzo pubblicato da Live Unict, giornale studentesco (che quindi si presuppone abbia un target giovane e scolarizzato) trovo una sfilza d’invettive, accuse di «essere contro gli italiani» e inviti a portare gli arancini in qualche quartiere popolare di Catania. Le polemiche non mancano nemmeno tra i commenti in calce al video pubblicato da Repubblica in cui si vedono membri del presidio cantare “Bella ciao”. «Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor… se vogliono i migranti credo che dovrebbero cambiar canzone», fa notare qualcuno.

Non erano le ferie, non era l’ora di pranzo, e non era neanche la poca disinformazione dei commercianti al porto la causa dello scarso sostegno al presidio. Forse il punto è che una buona parte dei catanesi non vuole che i migranti sbarchino nel proprio porto.

Realizzare ciò è stata per me una doccia d’acqua fredda, ma al di là delle opinioni personali, quello che colpisce nel vedere questo scenario è la presenza di numerosi elementi fuori luogo: quale nesso c’è tra una bandiera “No Muos” (ostentata alla manifestazione) e la questione migratoria? Qual è il senso d’intonare “Bella ciao”? È questa la via per la solidarietà?

L’arancino, buono e semplice, potrebbe rappresentare un gesto di spontanea solidarietà e di buon senso: se solo non si trovasse imbrigliato in strumentalizzazioni ideologiche, che piuttosto che farci “restare umani” ci allontanano da ogni sorta di umanità, contrapponendoci gli uni contro gli altri.

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