Sono una pesci ascendente leone. Anzi, con l’ascendente a 29° leone, quindi alla cuspide con la vergine. E che vorrà dire?, penserete voi. Io non ve lo saprei spiegare con sicurezza, ma mia madre sì. Si occupa di astrologia da oltre vent’anni, con una meticolosità e una passione che raramente ho ritrovato nella mia vita.

Io, invece, con l’astrologia non ho mai avuto un buon rapporto. Mi ritengo una grande scettica, forse solo per via di una sorta di ribellione filiale post-adolescenza, ma tant’è (per quanto, va detto, con mia madre in effetti l’astrologia funzioni eccome).

Però, c’è un però. Ed è un però fondamentale, che devo a una recente pubblicazione di effequ intitolata Astri amari. Un saggio breve ma corposo allo stesso tempo, scritto da «una fervente studiosa dello Zodiaco, da anni impegnata in un’astrologia eretica», che come sottotitolo ha dato al libro Per un’astrologia femminista.

Ora: con un titolo così, informarsi è stato quantomeno d’obbligo. Leggerlo e imparare più del previsto, invece, è stato un piacere. Uno di quelli a cui non dovremmo mai rinunciare, perché è quasi certo che dietro l’angolo ci sia una rivelazione pronta ad aspettarci, un “segnalibro” creato apposta per noi, e magari proprio a forma di però.

Nel caso specifico, si è trattato di un’osservazione per niente scontata, che ho applicato al testo curato e portato coraggiosamente in libreria da questa casa editrice indipendente, ma che in linea di massima ritorna in parecchi altri contesti. Per formularla, sono partita dal presupposto che Astri Amari è un saggio di meta-astrologia, un saggio sul linguaggio – un saggio femminista, appunto.

Perché quello che fa è costringerci a ripensare il lessico astrologico, a definire in modo nuovo concetti antichissimi, a mettere in discussione espressioni figurate, campi semantici, gerarchie, relazioni. E lo fa scardinando alle radici il sistema su cui si basa questa disciplina, che non stupisce porti con sé ancora oggi retaggi patriarcali apparentemente invisibili.

Si erano mimetizzati a lungo perfino di fronte a me, a me che sento mia madre usare determinati termini da quand’ero bambina. Domicilio/esilio, esaltazione/caduta, afflizione… Gli stessi archetipi di maschile e femminile associati ai pianeti o alla Luna: tutto è stato rimesso al vaglio, portato sotto la lente di un’analisi consapevole e misurata, per poi essere sottoposto a una proposta di risemantizzazione.

Ed eccolo qui, il mio però. Anzi, il nostro però. Eccolo qui, lo spunto di riflessione che ci serve. Perché, come nel caso dell’astrologia, potremmo non servirci direttamente di un sintagma, ritenerlo lontano dal nostro microcosmo, e tuttavia non possiamo ignorare che abbia un impatto culturale forte, e che con le giuste connotazioni possa sostenere una posizione queer, un atteggiamento più inclusivo e rispettoso, o al contrario uno che mortifica, esclude, sottomette.

Il che vale tanto per l’astrologia quanto per la botanica, tanto per l’ingegneria informatica quanto per la storia dell’arte, e così via. Decostruire significa mettere in discussione l’idea stessa di “formazione”, puntualizza non a caso l’autrice. «Non riscrivere e rimasticare i saperi altri attraverso una struttura rigida […], bensì creare la possibilità di partecipare attivamente perché, usando le parole di Paulo Freire, “ci forma si forma e si ri-forma nella stesso di formare […]”».

Leggere Astri Amari è, insomma, una maniera per partecipare attivamente della società in cui siamo immersi, o di una sua porzione non trascurabile. Al di là del nostro rapporto con l’astrologia, e sulla base invece del rapporto che sentiamo di avere nei confronti delle battaglie civili in senso lato. Dei miti in cui crediamo, di quelli che diffondiamo con la parola. E di quelli che, pur appartenendo ad altri, possiamo capire meglio, contribuire ad aggiornare, prendere a modello. Perché questo processo di decostruzione è solo un primo passo, e la verità è che una volta compiuto sarà «poi accompagnato da una costruzione, da uno spostamento dello sguardo».

Che è il motivo per il quale posare lo sguardo su Astri Amari, per poi spostarlo in modo nuovo sul mondo, può rivelarsi un’operazione tutt’altro che banale. Parola di grande scettica.

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