Che religione e pubblicità siano indissolubilmente legate non lo scopriamo certo oggi. Nonostante la teologia cattolica sia formalmente contraria all’idolatria, il business religioso ha da sempre fatto affidamento su santini, calendari, poster e rosari. Rovesciando la prospettiva, anche le grandi aziende hanno legato i loro affari alle feste religiose, mescolando elementi appartenenti tanto al sacro quanto al profano. E se scomodare Dio in persona per fare soldi oggi pare blasfemo, ecco che fare sfoggio di Santi e angeli facendo leva sulla cultura popolare non sembra poi così irragionevole.

La festa di Sant’Agata a Catania, riconosciuta come celebrazione religiosa più importante al mondo dopo la settimana Santa di Siviglia e il Corpus Domini di Cuzco in Perù, è la perfetta sintesi di un fenomeno in cui la “fede” verso la reliquia si sposa perfettamente con “la fedeltà” verso un marchio. In fondo, marketing e fede poggiano entrambe le loro fondamenta sulla costruzione di significati e sulla creazione di una forte identità, e poiché nella comunicazione – come nella religione – appare quanto più importante saper raccontare una storia, ecco che anche i più importanti “brand” hanno sfruttato l’opportunità di pubblicizzare i loro prodotti legandoli alla figura della martire catanese attraverso l’utilizzo di linguaggi narrativi ben definiti. Messaggi brevi e immagini di impatto, attraverso operazioni di real time marketing geolocalizzato a Catania.

SOCIAL BRAND. Tra i brand più noti, “Red Bull” ha distribuito il proprio energy drink attraverso numerosi locali noti della città – da “Savia” al “Bar Epoca”, dallo “Student Lab” fino ai “4 Canti” – con la possibilità per il pubblico di accedere, lattina alla mano, all’esclusiva “Terrazza RedBull @Sant’Aituzza” (con tanto di @ che fa più social) allestita per l’occasione in Piazza Duomo. Il tutto è stato affiancato da un’efficace campagna su Facebook con un’immagine raffigurante un “cittadino” con le ali in soccorso di un devoto intento a portare un cero, con la frase «Anche chi solleva si sentirà sollevato. #TiMetteLeAli».

Trenitalia” non ha perso occasione di sfruttare il trend, attraverso numerosi post dedicati: «Prendere il treno per la festa di Sant’Agata conviene, e in albergo sarai un cliente speciale».

Operazione “replicata” anche dalla “Ferrovia Circumetnea – Metropolitana di Catania”, che per pubblicizzare i suoi #AgataTicket, ha puntato sugli affetti famigliari attraverso uno “spot” diffuso sui social con protagoniste nonna e nipote: «Nonna preparati che c’è traffico, la Santa non me la voglio perdere». «Tranquilla, ho già comprato io i biglietti della metropolitana!»

Se l’azienda cult produttrice di accendini “Clipper” ha commercializzato la sua #ClipperLimitedEdition con il volto della Santa, il brand “Isola Bella” propone una linea di gioielli «Dedicata ad Agata, il candore della sua pelle e la purezza della sua anima», che raffigurano il volto della patrona e le candelore catanesi, puntando sul folclore, la spiritualità e la tradizione; anche l’azienda informatica “Siportal” promuove la sua fibra wireless associandola alle “cassatelle di Sant’Agata”…«Ed è sempre festa».

SANT’AITA E IL DIALETTO. Trattandosi – come detto – di forme di marketing geolocalizzato, è forte la tendenza per le aziende a “dialettizzare” anche gli slogan: le strade sono piene di cartelloni di “Acqua Santagata” che recitano «Semu tutti devoti tutti?», e «S.Aita è a tezza festa più bella do munnu», l’azienda dolciaria locale “Dolgan” campeggia nei centri commerciali con «Perché Catania è ruci», e “Prestipino Cafè” propone sui propri canali social immagini delle tradizionali «Minnuzze di Sant’Agata, il dolce che racconta la femminilità della nostra Catania».

Sia chiaro, non vi è nulla di indecoroso nel legare il proprio marchio a un evento anche se religioso. Lo ha fatto “Caffè Lavazza” sin dagli anni ’90 con le “Campagne del Paradiso”, girate da celebri registi come Alessandro D’Alatri e Gabriele Salvatores, con protagonisti Paolo Bonolis e Luca Laurenti prima, Tullio Solenghi nel ruolo di San Pietro ed Enrico Brignano poi, fino agli spot di Maurizio Crozza; nel 2013 “Dolce&Gabbana” presentarono una collezione invernale ispirata a una rivisitazione delle vesti ecclesiastiche, e i richiami iconografici ai Santi – tra questi proprio Sant’Agata attraverso un racconto della Sicilia come “terra mistica”.

Dare un voto non ci compete, anche se leggendo i commenti sul web, tra gli ironici «Macari la Red Bull, Catania caput mundi» e «Catania sta volando!», e gli inviperiti «Si pensa solo a monetizzare», «Manco il dialetto sanno parlare», forse è meglio rimandare tutti a Settembre…ops, ad Agosto.

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