Teatro, novelle, romanzi: ogni prodotto dell’ingegno dello scrittore agrigentino esercita una irresistibile attrazione su un vasto pubblico di lettori. E, come le recenti lauree all’Università di Catania hanno dimostrato, anche sulle nuove generazioni. Perché? Perché nel raccontare le pieghe della sua anima e i suoi intimi viaggi, egli ci racconta un po’ tutti

Quand’è che un autore acquista la patente dell’immortalità? C’è un momento, un dato, un risultato che può sancirne indiscutibilmente l’ascesa nell’olimpo letterario? È il tempo il fattore chiave di questa dinamica: quando gli scritti e i pensieri di un letterato travalicano le epoche, rinnovandosi con la medesima freschezza di volta in volta, rifiutandosi di ridurre la loro carica esplosiva, allora ci troviamo certamente di fronte ad un raro quanto significativo miracolo del sapere. Solo ai grandissimi è riservato questo privilegio, che si unisce alla misteriosa capacità di fare breccia non soltanto nelle menti analitiche degli studiosi specializzati, ma anche nei cuori di appassionati lettori che umilmente si pongono in ascolto delle loro opere. Il nostro Luigi Pirandello appartiene di diritto a questa categoria di intrepidi viaggiatori del tempo: l’eco della sua grandezza non accenna a scemare, coinvolgendo profondamente anche le nuove generazioni di siciliani e non. La prova? La si è avuta, in questi giorni, all’Università di Catania, durante le sedute di laurea del mese di novembre.

Tra le tesi a sfondo letterario che sono state proposte dagli studenti e dai rispettivi relatori, infatti, il nome dello scrittore agrigentino ha recitato la parte del leone rispetto al numero totale. Che si parlasse della sua produzione teatrale, delle novelle o del versante romanzesco, l’opera di Pirandello è stata sapientemente sezionata e scandagliata, alla ricerca di spunti sempre nuovi e intriganti. E non è un caso che il dibattito tra i laureandi che compievano il primo passo verso una nuova dimensione esistenziale e professionale e i docenti forti di anni di consolidata esperienza sia stato fervente. Di fronte alla levatura di un simile personaggio non ci sono mezze misure: che si ami o che si odi, che si condivida il suo punto di vista o che si tenti di mitigarlo, Pirandello rimane divisivo e affascinante come pochi. Difficile, del resto, che a tal proposito ognuno di noi non abbia un’opinione in merito: lo sentiamo quasi come un patrimonio comune, inalienabile, qualcosa che ci accompagna come una dotazione naturale. Parlare di Pirandello, in fondo, è un po’ come parlare di noi e della nostra storia. Una storia che non accenna a finire, come la vividezza delle sue opere, che parlano un linguaggio cangiante e tuttavia sempre ficcante. Proprio questo, evidentemente, ha fatto breccia nei tanti studenti che hanno scelto con convinzione di congedarsi dal proprio ateneo con un lavoro di ricerca su Pirandello: il suo saper leggere in anticipo le miopie della storia, il suo saper celare storie universali in personaggi apparentemente strampalati e fini a sé stessi.

Non c’è da sorprendersi, dunque, che nell’Anno Domini 2019 Pirandello sia tanto gettonato, e per di più tra le nuove generazioni. Il suo parlare dell’uomo e all’uomo non teme l’alternarsi delle stagioni: il cuore umano non può snaturarsi, nemmeno se si impegnasse con tutte le sue forze per farlo. In questa immutabilità di abitudini e sentimenti, Pirandello aveva sì intravisto il caotico groviglio in cui si dipana il filo delle nostre fragili vite, ma aveva altresì abbozzato, in maniera a volte così flebile da apparire mascherata, una speranza di stabilità duratura, un rifugio alle intemperie della psiche umana che gli garantisse una serenità tanto agognata quanto ardua. La sua ricerca personale, che tanto ha contribuito a dare forma ai suoi lavori, è, almeno nelle sue grandi linee, la ricerca di ogni essere umano, la rifrazione di un barlume dalla luce intermittente eppure distintamente visibile ad un cuore sensibile. Ed è certo che, se ci ritrovassimo a scrivere un articolo su di lui tra 50 anni, virgola più virgola meno, le considerazioni resterebbero immutate. Perché Pirandello non appartiene, per citare un suo romanzo, ai vecchi o ai giovani. Pirandello appartiene a tutti coloro che non temono l’asprezza del percorso della vita, che insieme a lui non si sentono mai appagati di ricevere risposte e porre domande. A coloro che, con un pizzico di follia pirandelliana, sanno costruire qualcosa di imprevedibile. E per questo stranamente godibile.

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