Il cantautore di origini siciliane ha trasformato la sua passione per i viaggi in una fonte di ispirazione per i testi delle sue canzoni. «Oltre il continente sud americano c’è anche molta Europa nella mia musica, penso soprattutto a Paesi come Francia e Spagna, ed infine il cantautorato italiano»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]U[/dropcap] pisci a mari è uno dei riti più amati dai trezzoti durante la festa patronale dedicata a Giovanni Battista. Amo questa festa perché mi ricorda la mia gioventù quando ogni estate scendevo giù in Sicilia». Incontriamo Simone Lo Porto proprio nel giorno dei festeggiamenti di San Giovanni ad Aci Trezza. Cantautore milanese di origini siciliane, da anni ormai ha scelto di stabilirsi nel borgo marinaro de I Malavoglia, luogo da sempre a lui familiare grazie ad alcuni legami parentali. Ma nonostante abbia trovato un posto stabile dove vivere non si è accontentato di rimanere seduto a fissare i faraglioni, ma si è spinto oltre tanto da viaggiare in lungo e largo per il mondo in cerca di esperienze dal quale attingere testi per le sue canzoni.

Leggendo la tua biografia sembra proprio che tu abbia viaggiato molto. Quanti Paesi ha visitato?
«A dirti la verità non ricordo il numero esatto, giacché molte volte mi sono ritrovato in alcuni luoghi solo di passaggio per alcuni giorni, altre volte giusto per poche ore. Però il Sud America l’ho visitato quasi tutto. E poi nei miei viaggi c’è anche molto Centramerica: Repubblica Dominicana, Messico ed in particolare Cuba che ho avuto il piacere di visitare più volte e sul quale ho potuto notare i cambiamenti conseguiti a causa dei suoi processi politici interni. Nei miei diari di viaggi non mancano il continente asiatico e quello africano. Quando vivevo a Milano capitava che partissi in Egitto per svernarmi dal freddo meneghino. Probabilmente i miei avi siciliani mi hanno trasmesso nel sangue questa continua ricerca del sole e del mare. Non a caso con Aci Trezza ho un legame speciale poiché da ragazzino vi soggiornavo ogni estate, ed è qui che ho imparato a nuotare».

Durante i tuoi numerosi viaggi in Sud America hai percepito qualcosa in comune con la Sicilia?
«I settentrionali sono notoriamente più impassibili rispetto alla gente del sud, proprio per questo motivo mi ha sempre molto colpito il calore delle persone. Per certi aspetti il Sud America è come se fosse metaforicamente un grande abbraccio umano: un luogo in cui la gente è sempre accogliente e vive allo stesso modo di come amano godersi la vita i siciliani».

Nella tua musica le influenze provenienti dal Sud America sono notevoli.
«Considero quel continente la mia seconda casa, non a caso tempo fa decisi di registrare “La Valle dell’Utopia” proprio in Brasile, dato che ci tenevo molto ad accompagnare i miei testi con le sonorità tipiche di quel Paese. Tra l’altro grazie a quel disco ottenni un riconoscimento importante a New York. Per me fu una grandissima soddisfazione».

Nell’immaginario collettivo il Brasile viene rappresentato come il luogo della felicità, però forse non è tutto oro quello che luccica. Cosa ci puoi dire al riguardo?
Il Brasile è un paradiso per i turisti, però certamente non lo è per molti brasiliani. Infatti il disagio sociale e le disparità economiche si percepiscono e si osservano con i propri occhi ovunque. Purtroppo in alcune zone si vive quasi allo stato brado perché mancano le fondamenta per una vita normale come ad esempio l’acqua potabile e la luce. Nel mio piccolo mi sto occupando di questi temi scrivendo dei nuovi testi che ho messo in cantiere proprio in questo periodo».

Oltre il Brasile quali altri luoghi sono stati la fonte di ispirazione per le tue canzoni?
«La Colombia ha suscitato in me profonde emozioni, tanto che “Tierra Buena” è l’unica canzone del mio ultimo album in cui non ho scritto io il testo, ma è la riproposizione di una poesia del 1500 che scoprì per la prima volta durante una visita al “Centro Culturale Gabriel Garcia Marquez” di Bogotà. Ne rimasi così folgorato che le note musicali mi uscirono d’istinto.
Ma oltre il continente sud americano c’è anche molta Europa nella mia musica, penso soprattutto a Paesi come Francia e Spagna, ed infine come non citare il cantautorato italiano».

Spesso improvvisi concerti in giro per l’Italia e all’estero alla guida del tuo camper. Cosa ti spinge a fare una cosa simile?
«L’avventura. Adoro sentire il brivido nella pelle di andare in luoghi a me sconosciuti senza uno scopo preciso. Viaggiare mi offre l’ispirazione per scrivere nuove testi e sperimentare nuovi suoni. Ed inoltre mi piace esibirmi nei luoghi in cui percepisco delle energie positive, mi aggrada l’idea di poter lasciare alla gente dei bei ricordi».

Il tuo prossimo viaggio?
«Sempre alla guida del mio camper andrò fino in Portogallo. In passato ho già visitato Lisbona come turista, invece adesso voglio viverlo come farebbe un portoghese: visitando quei luoghi ancora lontani dal turismo di massa. In fondo a questo Paese gliela devo una visita: con il Brasile possiede un legame storico imprescindibile».

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