Prendete alcuni classici horror, due giovani registi, uno sguardo critico alla nostra società e una leggenda sull’origine della mafia. Mescolate il tutto e servite a freddo, con un tocco di meta-cinema, sulla piattaforma streaming del momento. Ecco la ricetta di “A classic horror story”, (con Matilda Lutz, già apprezzata nel 2017 in “Revenge” di Coralie Fargeat) di Roberto De Feo e Paolo Strippoli, che abbiamo incontrato a ridosso dell’uscita del film su Netflix a partire dal 14 luglio. Un lavoro fresco e interessante, che ha dimostrato, con la vittoria del premio per la miglior regia al 67° Taormina Film Fest, come il cinema di genere abbia da dire più di quanto si immagini e che l’horror in Italia sia tutt’altro che un “genere di serie B”.

Il vostro film si intitola “A classic horror story”, ma di classico in questo film c’è relativamente poco.
Paolo Strippoli: «Si tratta in effetti di una trappola per lo spettatore. Inizialmente abbiamo utilizzato tutti i cliché del caso, come un gruppo di ragazzi in viaggio su un camper, un animale morto per strada, un bosco. Nel fare questo ci siamo ispirati, anche dal punto di vista visivo, a cult come La casa, Non aprite quella porta e Le colline hanno gli occhi, tuttavia a un certo punto la storia prende una strada propria».

Qual è stato il ruolo di Netflix?
Roberto De Feo: «Avevamo in mente questo film da parecchio tempo, e Colorado ne aveva acquisito i diritti già nel 2016. Da allora abbiamo girato parecchio alla ricerca di un co-produttore internazionale, ma al di là dell’interesse nessuno sembrava volersi davvero mettere in gioco. A crederci è stata Netflix, che ci ha anche chiesto di legare la sceneggiatura alla tradizione culturale e cinematografica italiana».

I registi al Taormina Film Fest

Quindi i riferimenti alla mafia, con Osso, Mastrosso e Carcagnosso sono venuti da una loro richiesta?
PS: «In realtà no. L’idea di inserirli nei panni dei villain è arrivata durante il lockdown, quando stavamo per iniziare le riprese e siamo stati costretti a fermarci. A loro comunque la proposta è piaciuta. Se questo fosse davvero un classico film dell’orrore l’antagonista sarebbe un essere soprannaturale, ma quello oggi che ci spaventa di più è legato a ciò che accade nella vita reale. Tutto è costruito per ingannare lo spettatore, e per dare spazio a una metafora del cinema stesso».

Il film si pone anche come denuncia nei confronti dell’insensibilità verso la sofferenza altrui. È questo il compito dell’horror oggi?
RDF: «Quante volte vi è capitato, in coda in autostrada per un incidente, di vedere la gente più preoccupata di riprendere con il cellulare che di capire se qualcuno si è fatto male? Oggi siamo bombardati dalla spettacolarizzaione della morte e dalla pornografia del dolore».
PS: «Crediamo che da sempre sia il suo scopo. Oggi ancor di più. D’altro canto, se vogliamo che le produzioni italiane si smarchino dalla etichetta di “film di serie B” dovremmo prendere a piene mani dal movimento contemporaneo, il quale di questo approccio ha fatto la sua fortuna»

Vi aspettavate di trionfare a un festival come quello di Taormina, dove siete stati premiati come miglior registi?
RDF: «Dal momento che il film era in concorso speravamo in un minimo riconoscimento, ma di certo non ci aspettavamo di vincere. Il fatto è che l’horror in Italia è sempre stato considerato in modo marginale. Negli ultimi trent’anni se n’è prodotto uno l’anno, e a volte neanche quello. Speriamo che questo successo sia di augurio affinché non sia un caso isolato».


A CLASSIC HORROR STORY
2021

regia
Roberto De Feo e Paolo Strippoli

con
Matilda Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Yulia Sobol,
Will Merrick, Alida Baldari Calabria, Cristina Donadio,

un film
NETFLIX

una produzione
COLORADO FILM

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