L’autore del pluripremiato “Dieci inverni” festeggia l’uscita nelle sale argentine della sua ultima fatica. Abbiamo approfittato della sua presenza alla manifestazione Garden in Movies nel parco di Radicepura per capire meglio il suo peculiare modo di fare cinema

Quando alla fine di una proiezione lo spettatore resta immobile, non soltanto a fissare i titoli di coda, ma perché investito da emozioni, interrogativi e risposte che sembrano trovare la giusta dimensione nell’immenso labirinto dell’animo umano, il regista ha forse assolto al suo più grande compito. Smuovere coscienze, analizzare l’io, quello più intimo e profondo, rimettendo al centro le connessioni umane, le fragilità, le debolezze. Ma anche la forza, la mutabilità delle cose, restituendoci così una visione più nitida di ciò che siamo: un mosaico di storie vissute, ricordi incastonati e un passato che attraverso la potenza della memoria si mischia con il presente e ne determina il futuro. Le pellicole di Valerio Mieli, regista, sceneggiatore e scrittore italiano, sembrano rispondere a questo modo di fare cinema, raccontando l’evoluzione dei rapporti umani attraverso una declinazione più ampia del tempo.

A quasi dieci anni dall’uscita di “Dieci inverni”, film pluripremiato, il regista romano è tornato nelle sale cinematografiche lo scorso marzo con “Ricordi?”. Una grande storia d’amore raccontata attraverso un viaggio nella memoria e nei ricordi, appunto, spesso falsati dagli stati d’animo dei due personaggi. Abbiamo incontrato Valerio Mieli durante la terza edizione di Garden in Movies, il festival cinematografico, che si è svolto dal 2 al 4 agosto nella splendida cornice del Parco di Radicepura di Giarre.

Tema centrale del Garden in Movies è creare un connubio tra cinema e il contesto paesaggistico, quest’ultimo elemento sembra essere pregnante nelle tue pellicole, è così? 

«Assolutamente sì, la centralità del luogo in cui muovo tutta la storia ha un ruolo predominante, in “Dieci inverni” era Venezia e a tratti Mosca, in “Ricordi?” invece è Roma anche se potrebbe essere ovunque perché parliamo di mondo incantato, così come lo sono i ricordi. Quando scrivo un nuovo progetto cinematografico inizio sempre dal definire l’ambiente in cui si svolgerà perché credo che il cinema oltre a raccontare storie debba essere uno strumento che accompagni il pubblico verso un altro mondo in cui è possibile abitare, ma ben diverso dalla realtà».

Valerio Mieli

“Dieci inverni” e “Ricordi?” hanno come punto in comune il tema del tempo, come viene declinato nei due film?

«”Dieci inverni” è un film oggettivo, volevo raccontare la storia tra i due personaggi attraverso la sua evoluzione cronologica. Ogni anno ritroviamo i protagonisti immersi nella loro vita e vediamo in che modo il loro rapporto sta cambiando, è un film visto da fuori. Al contrario, in “Ricordi?” non conosciamo davvero come si sono svolti i fatti, ma soltanto come sono ricordati dai due protagonisti. Che poi è quello che succede nella vita di tutti i giorni, possiamo avere l’illusione di come sia andata la realtà ma il ricordo amplifica questa visione rendendola diversa. E quando ricordiamo le stesse cose, probabilmente l’atmosfera e la percezione che ne abbiamo cambiano in maniera soggettiva».

La letteratura per raccontare l’interiorità, il cinema per narrare storie. Quanto è importante cambiare questo paradigma per rilanciare il cinema di oggi?

«Credo che il cinema abbia ancora tantissimo da esplorare e può farlo grazie agli strumenti di cui dispone: montaggio, suono, musica e dialoghi. In questo periodo, sembra quasi prevalga l’idea che il linguaggio cinematografico abbia raggiunto una dimensione definita. Penso invece sia importate cambiare questa visione: dare nuove sfumature e raccontare storie che fino a qualche anno fa erano precluse. Non è detto che io ci riesca ma sono certo che il cinema sia capace, con i mezzi che gli sono propri, di esplorare l’interiorità umana. È la vita stessa ad essere cinematografica; si tratta dunque di dare forma alla nostra dimensione mentale, che è investita da un flusso continuo di immagini e pensieri».

“Ricordi?” è un sicuramente un film sull’amore, ma non solo.

«Si tratta di un film su come i rapporti cambiano e soprattutto ci cambiano, partendo dall’assunto che ciascuno di noi vive nel suo mondo soggettivo. Parla dell’amore ma potrebbe essere il riassunto di un rapporto di amicizia, di un legame tra padre-figlio o la visione di cosa succede quando guardiamo un film o leggiamo un libro. Il punto centrale è come il mettersi in relazione con l’altro ci può influenzare e cambiare».

Parliamo di un film molto peculiare, la storia si muove soltanto nella testa dei due personaggi. Avevi paura che questa complessità non venisse accolta positivamente?

«In realtà temevo che non riuscisse a raggiungere il livello che mi ero prefisso, è un film alimentato da un cambiamento cromatico costante, un susseguirsi di ricordi che prendono forma attraverso flash continui ma soprattutto non c’è mai un presente. Il mio timore quindi era che non funzionasse, ma sono convinto che la sfida sia proprio questa: offrire un prodotto diverso senza però perdere il ruolo del cinema, cioè arrivare a tutti».

In tutto il film è chiara l’interpretazione magistrale degli attori, Luca Marinelli e Linda Caridi. Come sei arrivato alla loro scelta?

«Con Luca volevo lavorarci da tanto tempo. Linda invece è stata scelta dopo alcuni provini, appena l’ho vista ho pensato: ma non sarà fin troppo brava? Ѐ stato incredibile come hanno interpretato i personaggi senza scostarsi dalla sceneggiatura ma mettendoci tanto di sé stessi».

Per ritornare al tema del tempo. La tua carriera registica ha un ritmo particolare? Perché quasi dieci anni dall’uscita dalla tua opera prima?

«Ѐ stata una combinazione di tante cose. Un po’ perché “Ricordi?” è stato un film molto lungo da realizzare e un po’ perché “Dieci inverni” l’ho fatto senza conoscere bene le dinamiche del mondo del cinema, quindi ho dovuto imparare tanto, realizzando in mezzo tanti altri lavori che però non si sono concretizzati».

Cosa c’è adesso in cantiere?

«Intanto “Ricordi?” da qualche settimana è approdato nelle sale cinematografiche francesi dopo l’uscita in Argentina. Seguirà il Brasile e la Grecia. In cantiere ci sono tante cose, che però non dico perché mi è capito molte volte di dire: “sto facendo questo ma poi non si è fatto”. (ride, ndr). Non sono scaramantico, ma non si sa mai…».

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