Sulla piattaforma on demand “Le Supplici” di Eschilo, con la regia di Moni Ovadia, e dell’“Eracle” di Euripide firmata da Emma Dante

[dropcap]I[/dropcap]n questi anni, il sodalizio fra l’Istituto Nazionale del Dramma Antico e il servizio pubblico, anche attraverso la piattaforma Raiplay, ha permesso a una platea molto vasta di fruire degli spettacoli prodotti a Siracusa: accanto a produzioni dal grande successo, come le Rane di Aristofane con la partecipazione dei comici Ficarra e Picone, hanno trovato spazio anche grandi drammi come “Le Supplici” di Eschilo, con la regia di Moni Ovadia, e l’“Eracle” di Euripide firmata da Emma Dante e che, in attesa del nuovo ciclo di spettacoli, rappresentano un’ottima occasione per godere della magia del teatro siracusano.

LE SUPPLICI. Il testo eschileo, che ha aperto la 51esima edizione del ciclo di rappresentazioni classiche, rappresenta un vero e proprio inno all’accoglienza. Il re Pelasgo – interpretato da Ovadia – dopo aver consultato il popolo di Argo offre riparo alle figlie di Danao fuggite dall’Egitto per sottrarsi a un matrimonio imposto. Un legame potente fra passato e presente, nel quale le donne dalla pelle scura e dagli abiti colorati incontrano un coro di uomini in tuta bianca che ricordano i sanitari preposti all’accoglienza dei migranti. Una parabola contemporanea, in cui la versione di Guido Paduano viene tradotta nel vernacolo locale. Una scelta, questa, che ha lasciato sbigottiti molti puristi: «Solo i dialetti italiani sono lingue teatrali – afferma Moni Ovadia – ecco perché abbiamo scelto di usare l’ottava rima siciliana mista al greco moderno, un omaggio quest’ultimo al paese vessato dalla crisi del 2007». Contro il manierismo attorale, Ovadia si chiede: «perché il greco antico dovrebbe somigliare di più all’italiano aulico che al siciliano? I greci erano un popolo di pastori e marinai, non dobbiamo pensare alla tragedia come intesa dai neoclassici». Un contributo fondamentale all’intera operazione arriva poi dall’ennese Mario Incudine, il quale oltre a firmare le musiche che fanno da cornice allo spettacolo veste i panni di Eschilo, restituendo vitalità al titolo di “àntropos sikelos” che il drammaturgo ottenne dopo aver trascorso oltre nove anni a Siracusa.

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ERACLE. Controcorrente per definizione, anche Emma Dante chiamata a dirigere nel 2018 “Eracle” ridisegna l’opera alla luce di un inedito sperimentalismo che incontra le radici dell’isola. Come prima cosa la regista affida tutti i ruoli maschili a donne: «Nonostante il rovesciamento è uno spettacolo che non lo vuole essere di genere, ma che rimane molto fedele al testo. Nella scultura classica anche gli eroi, con i loro muscoli prominenti, hanno curve morbide che ti fanno pensare a una donna e alla sua sensualità». Così dà sembianze femminili al valoroso eroe Eracle, il quale condotto alla follia da Era, uccide i figli e la moglie Megara. Solo l’intervento di Atena gli farà risparmiare il padre Anfitrione. «Dietro – aggiunge la Dante  – alla figura del semidio nerboruto, virile che uccide i mostri a mani nude, si cela il grande tema della vecchiaia». Anfitrione che parla in siciliano e si muove in scena su una sedia a rotelle, si attacca alla vita con grande determinazione. Il potere, la forza di Eracle intanto lasciano spazio alla fragilità di colui che accetta la colpa commessa per errore, l’amartìa, mondandosi nel grande lavacro al centro della scena, mentre le mura di Tebe sono un cimitero mediterraneo con tanto di foto del caro estinto e di lumini. Ancora una volta un’opportunità per ripercorrere i grandi temi universali, filtrati attraverso la grande potenza della cultura e della lingua siciliana. 

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