I reperti siti presso la Chiesa Madre coprono un arco di tempo che va dagli inizi del’400 ad oggi e permette ai visitatori di ripercorrere le varie tappe della storia della cittadina. La direttrice: «L’abilità delle maestranze autoctone fa vedere come vi fossero frequenti contatti con le realtà artistiche e artigianali più all’avanguardia della Penisola»

Parlando della funzione di un museo, una volta il premio Nobel per la letteratura nel 2008 Jean-Marie Gustave Le Clézio disse che «dovrebbe essere non quella di mostrarci delle cose, ma di permettere di vedere in noi stessi attraverso le cose, di misurarci in relazione agli oggetti esposti». Difficilmente un’altra definizione potrebbe meglio venirci in aiuto per tratteggiare le particolarità del museo San Nicolò di Militello in Val di Catania, vero e proprio fulcro culturale e sociale dell’intera comunità cittadina e punto di riferimento per molti appassionati forestieri, siciliani e non. «Il museo – racconta la direttrice Franca Barbanti – è un mezzo tramite il quale i militellesi, da sempre orgogliosi della loro tradizione storica, possono riappropriarsi della propria identità e ricordare, tramite le opere e i documenti che ci sono pervenuti, momenti di splendore quasi favolistico, come ad esempio i tempi dei Barresi e dei Branciforti».

UN BENE DELLA COMUNITÀ Non è un caso che, sin dal 1981, anno della scoperta del parroco Giuseppe Biagio Bellino e dell’architetto Giuseppe Pagnano di un avvallamento in prossimità dell’altare della Chiesa Madre di S.Nicolò che celava, al livello sottostante, vani pavimentati e cripte murate, passando per il 1985, anno di inaugurazione del percorso museale ricavato proprio dall’utilizzo di quegli spazi, fino ai nostri giorni, l’intera cittadinanza abbia mostrato un profondo attaccamento per le sue sorti. «In questa vicenda – prosegue la Barbanti – determinante fu l’apporto dell’arciprete che mise a disposizione le sue risorse così come quello di altre persone legate alla chiesa». Ma, soprattutto, a fare la differenza, in modo del tutto peculiare, furono i giovani parrocchiani che, nonostante fossero provati da intense giornate di lavoro «misero a disposizione il loro contributo nella costituzione del percorso museale sotto la guida di Pagnano. Il tutto in maniera assolutamente gratuita, sia per quel che riguarda i ragazzi sia per quanto concerne l’architetto». La nascita di una simile realtà, inoltre, non tardò ad attirare le attenzioni di importanti personalità intellettuali dell’isola: «I primi oggetti che fecero parte del museo furono inventariati con la collaborazione di giovani studiosi che poi sarebbero divenuti professori ordinari dell’Università di Catania come Claudia Guastella e Salvina Bosco, così come Sebastiano Di Fazio, allora professore alla facoltà di agraria». Quest’ultimo, militellese sempre legato alle sue origini e appassionato di ricerca archivistica, fu fondamentale, come spiega la direttrice Barbanti, per «dare la giusta collocazione ai reperti che man mano venivano ritrovati». Talmente importante che, da una decina d’anni a questa parte, il museo dedica alla sua memoria il premio Memoria e futuro, assegnato alla miglior tesi di laurea che abbia come argomento Militello e lo studio del suo territorio.

UN AGGANCIO COL PASSATO Il museo, con i suoi reperti che coprono un arco di tempo che va dagli inizi del’400 ad oggi, permette ai visitatori di ripercorrere le varie tappe della storia di Militello e delle sue eccellenze. «L’idea con cui sono concepiti gli spazi espositivi oggi – ci informa la direttrice – mira ad intersecarsi con ciò che è rimasto ed è visibile per le strade del paese e a darne una migliore chiave di lettura». Tramite le opere di raffinate maestranze locali come quella degli scalpellini o documenti che testimoniano lo sviluppo delle nobili attività dell’allevamento dei bachi da seta o della concia delle pelli, il museo San Nicolò assume, dunque, anche la cruciale funzione di testimoniare come la Sicilia, nella sua storia, abbia saputo andare oltre la dimensione strettamente locale, confutando così una certa linea storiografica che, fino a non molto tempo fa, sulla scia di Benedetto Croce, si limitava a considerare l’isola come una terra oscurantista. «L’abilità di quelle maestranze autoctone – conferma la Barbanti – fa vedere come fossero frequenti i contatti con le realtà artistiche e artigianali più all’avanguardia della Penisola e che le attività produttive della storia di Militello non si limitavano ad agricoltura e pastorizia».

UN TRAMPOLINO PER IL FUTURO Questa riscoperta del prestigio di un centro siciliano oggi, forse, un po’ dimenticato può rappresentare un volano positivo per riavvicinare le nuove generazioni al paese situato nella Val di Noto. Avendo presente le potenzialità espresse da questo centro abitato, e da buona parte della Sicilia, nel suo passato, lo scopo è rendere i giovani «forti della consapevolezza di questo legame inscindibile con ciò che è stato». In questo senso, oltre al già citato Premio Di Fazio, numerose sono le attività che il museo ha concepito per i ragazzi: «Abbiamo una convenzione con l’Università di Catania – ci rivela la direttrice – per mezzo della quale gli studenti possono svolgere qui degli stage formativi. Abbiamo, inoltre, convenzioni con le scuole. Quest’anno, ad esempio, abbiamo pensato ad un percorso che abbia come attività principale il restauro». Un insieme di elementi che, pertanto, spera di rendere il museo sempre più un «polo di attrazione culturale e sociale. In un paese che fatica ad avere un presente, che si è svuotato delle giovani menti più brillanti che hanno fatto fortuna lontano e che spesso hanno perso la memoria del luogo in cui sono nati e cresciuti, riportare le giovani generazioni alla conoscenza del passato è un tentativo di risvegliare l’interesse per un futuro che non sappiamo come sarà». L’esperienza culturale del museo San Nicolò ci insegna che non sempre scommettere sul futuro significa rottamare ciò che è avvenuto prima. Anzi, spesso è proprio l’occhio di riguardo per il passato a rafforzare la convinzione per le avventure del futuro.

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