Quando andavo alle elementari e mia madre mi ha spiegato per la prima volta la differenza fra il liceo classico e il liceo scientifico, io le ho chiesto: «Ma nel caso si può scegliere di frequentare tutti e due?». Quando poi, anni dopo, dovevo iscrivermi all’università, continuavo a sostenere che avrei preferito mixare in modo autonomo i programmi delle materie di almeno 3-4 corsi di laurea, per non parlare del fatto che – dopo l’immatricolazione in Lingue straniere – ho scelto di seguire i corsi di cinque delle sette lingue erogate dall’Ateneo, anche se la media era di 2-3 per studente.

Il motivo è presto detto: non mi è mai piaciuto scegliere, o meglio, escludere. Non mi è mai andata giù l’idea di rinunciare a un’esperienza, a una possibilità, a una porta sulla conoscenza. Credevo si trattasse di un difetto di fabbrica, di un lato di me che non era stato al passo con la crescita, però poi mi sono ritrovata a fare così anche sul posto di lavoro, tant’è che ad oggi – se qualcuno mi chiedesse di cosa mi occupo – dovrei elencare almeno 4-5 mestieri distinti e separati fra di loro.

Ma è vero, io sono tutte queste cose. Tutti questi elementi, tutte queste strade, tutte queste sfaccettature. E che non si tratti di un’anomalia o di un capriccio l’ho capito in modo più puntuale quando ho scoperto il volume Diventa chi sei di Emilie Wapnick, tradotto da Marco Bisanti per MGMT. Una pratica guida per persone creative che hanno molteplici passioni e interessi – o, per lo meno, così recita il sottotitolo. Per dirla in maniera più esatta, un compendio per chi di fatto rientra nella categoria dei cosiddetti multipotenziali.

Paragonabili all’opposto degli specialisti, i multipotenziali tendono appunto a sviluppare più interessi e attività, hanno in genere «una forte curiosità intellettuale, sono creativi ed eccellono in più settori». Questo non lo scrive Wapnick, ma Wikipedia, basandosi sulla definizione scientifica fornita nel 1972 da R.H. Frederickson e poi ripresa da psicologhe del calibro di Barbara Kerr e Tamara Fischer, grazie alle quali si è arrivate poi alla sintesi più divulgativa e manualistica di Wapnick.

Il suo, infatti, è un compendio per guardarsi con altri occhi, per imparare a dare un nome a certe tendenze e a non soffocarle in nome di un’unica scelta, di un’unica direzione, di una sola opzione. È uno spunto utile a capire che si tratta di un fenomeno antichissimo, affascinante, legato a personalità che hanno fatto la storia tanto quanto a noi o ai nostri colleghi, parenti e vicini di casa, che magari ci sembrano fin troppo dispersivi e incapaci di settorializzarsi, ma che potrebbero invece essere più portati per una vita dalle molteplici porte aperte.

Ma, soprattutto, è fondamentale per realizzare finalmente che saper fare tante cose, e spesso alternarne o sovrapporle nella vita quotidiana, non significa non applicarsi con serietà a nessuna di queste, svolgerle male o non riuscire a portarle a compimento. Non per forza, per lo meno. Perché al contrario, per qualcuno, potrebbe essere il modo migliore per non annoiarsi, per non fossilizzarsi, per non sentirsi soffocare.

Potrebbe essere l’unica soluzione percorribile per non lasciare indietro nessuna parte del proprio carattere, per sviluppare tutte le tendenze da cui ci si sente rappresentati, e potrebbe perfino essere la maniera più sana ed efficace per darsi da fare nella vita, per non restare indietro, per gestire il tempo e le energie ricevendo in cambio stimoli e confronti variegati tra di loro.

Perciò, ecco, per questo nuovo anno, mi auguro che sia più facile anche per i multipotenziali diventare chi sono. Più facile assecondare i propri talenti, le proprie inclinazioni, i propri mille progetti. Più facile parlare di sé, spiegarsi, non essere fraintesi. E più facile coltivare il proprio equilibrio interiore informandosi sull’argomento, magari proprio partendo dal testo di Wapnick e dal suo illuminante TED Talk. Cin cin.

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